Il simbolismo degli animali

Allodola: 

Per i Celti era uno dei più importanti fra gli uccelli sacri che ha lasciato come eredità nel folklore francese, ma soprattutto in quello bretone, il suo antico valore di simbolo di buona fortuna e protezione, la cui zampa riprodotta su un talismano conferirebbe al suo portatore uno spirito vittorioso sulle avversità.
L'allodola è simbolo dell'evoluzione e della caduta della Manifestazione, nel primo caso per la sua rapidità nell' acquistare gli spazi aerei, nel secondo per il suo discendere verso terra. Essa rappresenta inoltre l'unione fra il Cielo e la Terra e, nel suo volo mattutino, l'esaltazione giovanile. Il suo canto, infine, è simbolo di gioia e voglia di vivere.
La tradizione gallese narra che una delle tre vane battaglie di Britannia, quella di Arderyde, fu scatenata a causa di un nido d'allodola e si sa che la prima legione arruolata in Gallia dopo la conquista romana prese il nome di Alauda (allodola, appunto). Lo si riteneva un uccello solare per via della sua cresta e si pensava che per fare il suo nido a terra utilizzasse delle foglie di quercia.


Anatra:

Questo animale non compare mai nella mitologia celtica, ma sue rappresentazioni sono state ritrovate su alcuni oggetti risalenti all'epoca di La Tène, come la statuetta della dea Sequana in piedi su una nave a forma di anatra. Spesso viene associata al cigno e forse anche il suo simbolismo corrisponde a esso, anche se talvolta per la sua particolarità di volare sulla superficie dell'acqua ha acquisito il significato di superficialità e anche di inganno (in francese il termine canard indica sia l'anatra sia la menzogna)".


Anguilla:

Vi sono diverse leggende in cui compare questo animale. In una di esse si narra che la dea irlandese Bodb si trasformò in anguilla perché il suo amore era stato rifiutato dall' eroe Cù Chulainn. Sotto questo aspetto la dea si gettò nel guado dove combatteva l'eroe e gli si attorcigliò alla gamba, ma Cù Chulainn riuscì a strapparsela di dosso in modo brutale e a sbatterla contro alcune rocce.
In un altro episodio è la dea Morrigan a trasformarsi successivamente in vacca, anguilla e lupa per vendicarsi di Cli Chulainn, alla cui morte assisterà dopo aver assunto le sembianze di una cornacchia.
Un ulteriore episodio della mitologia d'Irlanda narra di due Druidi, in un primo momento amici, che in seguito a una gara di cambiamento di forma divennero acerrimi nemici. Alla fine si trasformarono entrambi in anguille che vennero inghiottite da alcune mucche appartenenti a due clan rivali. Questo portò alla nascita dei magici tori e alla battaglia di Cooley (la famosa Tàin Bò Cùailnge).


Api:

I Celti le consideravano le Messaggere degli Dèi e ne avevano un rispetto estremo, tanto che in Irlanda esistevano delle leggi severe che ne regolavano la sorveglianza. Nel periodo del Cristianesimo l'attenzione loro riservata non diminuì e per motivare l'uso delle candele in cera d'api durante le funzioni religiose (cosa che probabilmente andava giustificata essendo già. una consuetudine pagana), un testo giudico gallese afferma che la nobiltà delle api veniva direttamente dal Paradiso e che Dio stesso: dopo aver infuso loro la sua grazia, le inviò sulla terra ad aiutare gli uomini ad attenuare l'effetto dei loro peccati. La tradizione antica rinnova se stessa celandosi sotto nuove parole e nuovi simboli,
Il valore in quanto appena esposto si può trovare nella parola gallese cwyraldd, il cui significato è «perfetto, compiuto», e che deriva dal termine cwyr, «cera». Il moderno gaelico céir-bheach, letteralmente «cera d' api», significa anche «perfezione». Le api sono quindi simbolo di perfezione, saggezza e immortalità dell'anima e infatti le tradizioni celtiche precristiane ritenevano che le api fossero in possesso di una saggezza segreta derivata direttamente dall' Altromondo.
Tutta questa considerazione  faceva del miele un alimento pregiato e un ingrediente privilegiato per diverse bevande usate sia quotidianamente. sia per scopi rituali. Una di esse, l'idromele, era composta da acqua di fonte e miele uniti ad alcuni altri elementi che si lasciavano fermentate, per quaranta giorni e prendevano il nome di «liquore di immortalità» o «bevanda degli dèi».
Il miele, inoltre, era un elemento importante nella preparazione del gwìn a bragawd, usato durante la festa di Imbolc, oltre a essere uno dei componenti di ciò che bolliva nell' Awen, il calderone d'ispirazione della Dea Madre, messo sul fuoco alla festa di Samhain, che conteneva una pappa d'orzo misto, ghiande, miele, sangue di toro, edera, elleboro lauro e altri ingredienti. L'ape mellifera era tenuta in considerazione e ritenuta portatrice del fuoco sacro. Essa era simbolo delle sacerdotesse e degli iniziati in generale, così come delle anime del grandi sciamani.
È interessante segnalare che ai piedi dei Pirenei francesi fu rinvenuta un iscrizione dedicata a un dio di nome Abellio-Abellion (in francese l'ape si dice abeille) che rappresenta Lugh-Belenos, il dio solare e della luce visibile.
Nel folklore europeo è rimasta la consuetudine di considerare le api come messaggere. Un ape che entra una casa significa un matrimonio con uno straniero e le stesse segnalavano quando era prossima la morte del padrone di casa, In Galles regalare a qualcuno un alveare significava augurargli buona fortuna, a condizione che egli non vendesse le api.


Aquila:
La sua vista acuta, la leggerezza e l'eleganza del suo volo, la sua velocità e la grande forza che dimostra, fanno dell' aquila un simbolo della regalità e del potere, ma anche della saggezza, come accade nel dialogo fra Artù e suo nipote Ewilod mutato in aquila. . .
Il nome gaelico dell' aquila è iolair (eryr in gallese), considerata il re degli uccelli, ma più anticamente si chiamava antar, associata con la funzione di capo clan e infatti solo un capo poteva portare una penna d'aquila sul proprio berretto. Un altro nome dell' aquila era fireun derivata da un termine irlandese che significa «verità, integrità, uomo giusto», tutte le qualità che un capo deve possedere per essere considerato tale.
Per la sua particolarità di volare in alto, di vivere sulle cime e di nidificare dove nessun altro uccello lo fa, hanno reso l'aquila un simbolo solare, rappresentante delle divinità solari, quali Lugh. È interessante sapere che in epoca cristiana l'aquila è divenuta il simbolo di Giovanni e del suo Vangelo, il cosiddetto Vangelo esoterico, che inizia con le parole dedicate alla conoscenza del Logos-solare, 1'Inno al Verbo: in principio era il Verbo // e il Verbo era presso Dio // e il Verbo era DIO) parole tanto care ai Celti e alla loro tradizione orale. I Celti d' Irlanda si sono sempre considerati appartenenti alla Chiesa di Giovanni e a .una visione maggiormente spirituale del Cristianesimo, mentre Roma diffuse ovunque la Chiesa di Pietro basata soprattutto sul potere terreno.
La figura dell'aquila compare molto spesso sulle monete celtiche e la mitologia le ha riservato un posto importante in parecchie occasioni.
L'aquila è designata come uno degli Antenati del mondo nell' omonimo racconto gallese, che corrisponde a quello irlandese di Tuan Mac Cairell. In un episodio del Mabinogion (Kulhwch e Olwen) viene indicata quale animale iniziatore e civilizzatore al pari del merlo, del gufo, del cervo e del salmone. L'aquila di Gwern Abwy, secondo la tradizione gallese, è una tra le creature più antiche del mondo, più giovane solo del Salmone di Llyn Llyw, l'essere più antico in assoluto. Nel Mabinogion di Math Llew si trasforma in aquila dopo essere stato ucciso dalla moglie adultera Blodeuwedd. Nel racconto Il Viaggio di Mael Dum un'aquila rinnova se stessa gettandosi nelle acque pure di un lago dopo essersi esposta al calore del sole che aveva iniziato a bruciare le sue piume, rappresentando così il rinnovo della saggezza a ogni generazione.
Nelle tradizioni bardiche un detto afferma: «Tre volte un cervo, un'aquila; tre volte un'aquila, una quercia». Naturalmente questa frase non deve essere presa alla lettera per misurare il tempo di vita di esseri, ma solo come descrizione simbolica dei principi divini di ciascuno di essi. E evidente che i bardi consideravano le qualità divine dell'aquila seconde solo a quelle della quercia. .
In Irlanda il simbolismo e il ruolo dell' aquila erano interpretati dal falco e questo animale rappresenta un potente alleato quando ci si avventura in nuovi territori, soprattutto nelle pratiche di viaggi nel mondi interiori e spirituali.
In lingua celtica il detto «gettare uno sguardo d' aquila su qualcuno» significa lanciare un'occhiata amorosa e l'animale diviene perciò anche simbolo dell'amante, come testimoniato da un'antica leggenda irlandese. In essa Dagda si era innamorato della dea Eriu (Irlanda) e facendosi consigliare dalla dea Branwen trovò il modo per conquistare la sua amata, in grado come lui di trasformarsi in qualsiasi cosa e sfuggirgli. Il piano prevedeva che Dagda si tramutasse in cigno e che venisse attaccato. da Branwen tramutata in aquila. In seguito a questo Dagda cadde dal cielo e la dea Eriu si commosse per la sorte del cigno e lo prese fra le sue gambe per consolarlo teneramente. Dagda approfittò della situazione per fecondarla e raggiungere il suo scopo. Questa sorta di violenza permette a Branwen di porre l'aquila fra le stelle sotto forma di costellazione.


Ariete:
Nella tradizione celtica appare legato al mondo sotterraneo con un simbolismo sia di fecondatore sia di portatore di morte, accompagnando il dio Cernunnos e anche alcuni dèi della guerra. Nelle rappresentazioni celtiche  appare spesso un serpente con la testa d'ariete (v. serpente cornuto) o anche corpi d'ariete con testa umana e diverse leggende parlano di arieti e pecore soprannaturali.
L'ariete è connesso con il focolare sacro, l'ingresso al mondo sotterraneo che per i celti si trovava vicino all'alare di terracotta o pietra decorato con una testa d'ariete. In Gallia era l'animale consacrato al dio Belin (m francese «ariete» si dice belier) e alla dea Belisama.


Bue:

Nella tradizione celtica si ritrova sia il simbolismo del bue sia quello del toro, quest'ultimo più diffusamente e che affronteremo più avanti.
La divinità gallica Damona, compagna del dio protettore delle acque termali Borvo, contiene nel suo nome la radice celtica dam usata per designare i bovini in generale, mentre in gaelico il termine è bò.
Una leggenda celtica narra di Hu Gadarn, possessore di buoi primordiali,. che fu il primo a giungere in Britannia insieme alla nazione del Cimri (i gallesi) e che prima del loro arrivo in quei luoghi vivevano solo orsi, lupi, castori e buoi con le corna. Si ritrovano accenni a buoi mitici anche nel Libro delle conquiste d'Irlanda, ma senza precisazioni.

 

Cane:
Per.i Celti questo animale era molto importante, soprattutto nei suoi ruoli di cane da combattimento, da caccia o da guardia. Da questo momento in poi usarono il termine di «bracco» per intendere il cane con le funzioni citate, considerato una ricchezza dai Celti, tanto che nel citare i beni diun re non veniva mai a mancare un cane. Si narra che il re dell' Ulster Mac Datho possedesse un bracco di inestimabile valore che spinse la regina Medb e il re Conchobar a offrire seicento mucche un carro e due cavalli per averlo. Tuttavia nessun prezzo fu sufficiente per il suo acquisto perchè il bracco apparteneva in realtà all' Altromondo e non poteva essere venduto né comprato con beni materiali.
Per i celti paragonare un guerriero a un cane era un complimento e significava stimarlo per la sua funzione di protettore della comunità. Si pensi a questo proposito all'eroe irlandese il cui nome Cù Chulainn «<bracco di Culann») sostituì quello vero dopo che egli diventò il guardiano del patrimonio del fabbro. L'eroe aveva molti soprannomi come «Bracco del Fabbro», «Bracco dalle Azioni Eccelse», «Bracco dell' Ulster» e «Bracco della Dolce Disciplina». In battaglia Cù Chulainn veniva paragonato a un cane feroce, come il Cù Roich un terribile cane da battaglia la cui frenesia lo rendeva furioso.
Nel paragrafo che riguarda l'iniziazione del guerriero come raffigurata sul calderone di Gundestrup, si è già parlato della figura simbolica del cane e pertanto non torneremo a ripetere ciò che è stato detto. Importante è ricordare la funzione di guardiano del regno dei morti (gli Inferi, il «mondo interiore sotterraneo») svolta presso i Celti da questo animale e sappiamo che esso era associato ai guerrieri. Lugh possedeva un bracco magico la cui ferocia era inarrestabile in battaglia (non per nulla Cli Chulainn era suo figlio!), signore degli animali selvaggi, in grado di cambiare l'acqua di fonte in vino se vi si bagnava.
Tutti i popoli antichi riconoscevano ai Celti una grande abilità nell'allevamento dei cani. La caccia, come la guerra, era un atto sacro che si poteva compiere solo dopo un'iniziazione e una preparazione rituale di protezione divina. I bracchi erano assistenti dell'uomo aiutandolo nella caccia vera e propria, ma divenivano partecipanti privilegiati durante diverse cerimonie condividendo parte delle offerte dedicate agli dèi. Arriano cita che nella Gallia ormai romanizzata i Celti portavano con sé i propri cani agghindati di fiori ai banchetti che seguivano i sacrifici dedicati a Diana cacciatrice.
Il bracco, infatti, era particolarmente caro alla Dea come guardiano del suo regno e dei suoi misteri e lo si è spesso trovato associato a Epona che sembra aver avuto un ruolo di Signora dei Morti. Il Sidhe è la dimora della Dea e i suoi cani sono bianchi con le orecchie rosse. I cambiamenti culturali portarono i bracchi a essere associati con divinità maschili per cui troviamo Arawn re di Anwynn, la terra dei morti della tradizione gallese, vestito di grigio e montante un cavallo grigio, che cavalca nella notte seguito dalla sua muta di cani bianchi dalle orecchie rosse.
Anche Manannan aveva i suoi cani con cui cacciò un maiale che stava distruggendo l'intero paese. La storia narra che i cani lanciati al suo inseguimento giunti nei pressi di un lago annegarono tutti. La storia naturalmente va letta sotto forma di simboli.
Tutti i mari, i laghi, le sorgenti, gli stagni e via dicendo sono luoghi sacri alla Dea e, oltre a contenere la sua Acqua Fonte di Vita per tutti gli esseri viventi, svolgono il ruolo di ingressi per l'Altromondo, il regno della Dea, e i cani annegarono nel senso che ritornarono da lei.
In una leggenda gaelica i cinque cani (Bran, Sceolan, Lomaire, Brod e Lomluath) di Finn Mc Cumhail lo condussero sulla Slieve Cuillin, dove l'eroe incontrò una donna del Sidhe seduta sui bordi del lago. Bran e Sceolan erano figli di Tuiren, la zia materna dell'eroe. Nella mitologia irlandese il cane Dormarth viene descritto come il guardiano del regno dei morti. I Fianna erano sempre accompagnati dai loro cani da caccia e Pwyll, principe di Dyfed, incontrò i bianchi cani dalle orecchie rosse mentre cacciavano un cervo. Questi animali del Sidhe, oltre a essere i guardiani delle porte del mondo sotterraneo e dei misteri sono anche le guide delle anime dei morti ed escono dal loro regno per punire coloro che infrangono le leggi degli uomini e degli dèi.
Spesso il cane compare anche accanto a Sucellus, il Buon Colpitore, dio che ha funzioni di guaritore, così come il dio Nodens, dio della guarigione, poteva manifestarsi come cane. L'animale è quindi associato alle acqua curati ve e al potere di guarigione, tanto che si riteneva che la sua saliva quando leccava una ferita fosse in grado di curare (come appare nelle raffigurazioni cristiane di san Rocco). Nella tradizione celtica !I cane non assume mai un aspetto demoniaco o legato al male, cosa che invece interverrà in quella cristiana. Il terrificante Ce Sith delle Highlands scozzesi e un cane grande quanto un bue con peli verde scuro e molto pericoloso per chi lo incontra, una specie di demone.


Capra:

I Fomori spesso appaiono nella tradizione irlandese sotto le forme dei goborchind, esseri brutti e deformi con testa di capra, simbolo di forze contro-iniziatiche e anti-evolutive, l'aspetto oscuro della dea. R. Rezchikov dice che la capra sarebbe semplicemente il simbolo del magnetismo terrestre presente nel sottosuolo. L'immagine di una capra compare su una placchetta votiva trovata in Gallia che raffigura Mercurio (Lugh) e la dea Rosmerta insieme a una tartaruga.


Cavallo:

Il cavallo fu l'animale che gli Indoeuropei introdussero in Europa e che permise loro sposta menti veloci e la predominanza della loro cultura, da cui .si sviluppò in. seguito quella celtica, su quella neolitica. È un simbolo di potere, velocità e prestigio ed è l'animale più raffigurato nella produzione numismatica celtica.
Abbiamo diversi esempi di effigi del cavallo, come quella su una moneta attribuita agli Aulerci Cenomani, risalente al I-II secolo a.C., nelle  sembianze di una giumenta smagrita per una recente gravidanza nell'atto di allattare un puledro, al di sopra della quale si trova una sorta di «dragone» con la coda di pesce; oppure su una moneta d'oro dei Turoni, mentre sta trainando un carro con uno stendardo annodato al collo e rivolge il muso all'indietro, verso l'auriga, a volte una donna.
Spesso le monete portano anche la raffigurazione di un cavallo con il busto o solo la testa di donna, simboleggiando l'unione dell'animale con la Dea. I! tema del cavallo compare anche sulle monete dei Bellovaci,  dei Parisii, dei. Catalauni, dei Biturigi, dei Coriosoliti, dei Sequani, del Taurisci, degli Edui, dei Redoni e di altre tribù celtiche presso le quali questo animale godette sempre di un notevole rispetto.
Il cavallo, soprattutto nel suo aspetto di bianca giumenta dell' Altromondo, era associato alla dee irlandesi Etain Echraidhe Niamh dalle Trecce Bionde, Macha e Rhian Gabhra, alla dea gallese Rhiannon e a quella gallica Epona;quest'ultima passata poi nel pantheon gallo-romano della tarda antichità e in successive rappresentazioni di santi maschilizzandosi forse in san Giorgio e san Maurizio.
I Celti ritenevano il cavallo il simbolo della Dea che si manifestava sotto diversi aspetti, uno dei quali era l'incarnazione dello spirito del grano, e a volte l'animale veniva sacrificato durante particolari riti in cm era strettamente implicato il capo o il re della comunità. Il cavallo era pertanto associato alla fecondità e il suo sacrificio risultava necessario affinché questa si perpetuasse e permettesse la vita degli uomini.
Come abbiamo accennato un'importante funzione del cavallo è quella di mezzo di trasporto fra i mondi, un viaggiatore fra il regno terrestre e quello spirituale. Spesso viene associato al mondo sotterraneo, al fuoco o all' acqua, alla vita e alla morte. La molteplicità dei suoi significati simbolici può essere dovuta al fatto che questo animale è spesso abbinato alle dee, personificazioni svariate dell'unica Grande Dea Madre, i cui caratteri risultano complessi e a volte contrastanti. Si pensi a Brigit, a Rhiannon, a Epona che assumono sia l'aspetto di dee benefiche sia quello di streghe distruttrici (come la triade Morrigan, Macha, Bodbh).
Il cavallo è così legato alla terra, alla luna, alle acque, alla sessualità, al sogno, alla divinazione, alla vegetazione e al suo rinnovamento periodico, alla vita attraverso la morte. La sua particolare caratteristica di animale adatto al trasporto e al movimento lo rende un essere legato sia all' elemento oscuro che a quello luminoso: alla notte segue il giorno e il cavallo diviene quindi l'animale che «porta» la luce (il carro del sole guidato da Apollo è trainato da cavalli), assumendo il colore bianco.
Quando è nero, infatti, è simbolo della Dea nel suo aspetto terribile di Signora della, Battaglia e della Morte, regina del reame oscuro e della divinazione. E interessante notare che in inglese la parola «incubo» (nightmare, letteralmente «giumenta della notte») sembra derivare dalla tradizione celtica e servirebbe a indicare un essere portatore di sogni e immagini dall' Altromondo.
Grazie al manto bianco esprime il valore di potenza e splendore e può ben rappresentare l'eroismo e la nobiltà. Nelle sue caratteristiche di animale dei mondi interiori e del lavoro spirituale il suo colore bianco e i suoi attributi celesti rappresentano l'istinto sublimato e l'unione della parte animale con quella umana (si pensi ai centauri o ai cavalieri, sia Celti che medioevali). I! cavallo in ogni caso ha in sé allo stesso tempo sia il lato tenebroso e malefico (i quattro cavalieri dell' Apocalisse) che quello luminoso e benefico, manifestando alternativamente il buio e la luce, il bene e il male.
A livello simbolico potremmo dire che opera al contrario di ciò che avviene nel mondo terreno. Quando è giorno il cavallo è cieco, ebbro della propria potenza, e il cavaliere deve guidarlo con saggezza verso gli scopi prefissa ti, mentre di notte, quando è il cavaliere a essere addormentato, l'animale diviene veggente e guida, in grado di varcare senza pericolo le porte del mistero e manifestando così grandi poteri magici.
Sembra che in Irlanda sia stato Lugh, istruito dal padre Cian, a introdurre l'arte dell' equitazione e fu lo stesso dio a istituire le celebrazioni di Lughnasadh in cui avvenivano e avvengono corse di cavalli. La tradizione irlandese riporta che i Tuatha Dé Danann portarono degli ottimi cavalli, splendidi rappresentanti luminosi rispetto ai precedenti oscuri dei Fomori. I! cavallo diviene così colui che ben conosce le strade dell' Altromondo e per questo ne è un' ottima guida, potendo viaggiare liberamente fra i mondi, come avviene a Manannan Mc Lir e Lugh che cavalcano il famoso «Aonbharr dallo Splendido Manto» fra !'isola di Emhain Ablach e le coste d'Irlanda. Aonbharr era più veloce del vento di primavera e poteva correre sia sulla terra che sulla superficie del mare, rendendo inoltre il proprio cavaliere invulnerabile.
In Irlanda l'eroe Conal I Cernach possedeva un cavallo con la testa di cane, il Rosso di Rugiada, che dilaniava i fianchi dei nemici e Cù Chulainn era padrone di due destrieri: il Grigio di Macha (il re dei cavalli d'Irlanda) e Zoccolo Nero, entrambi possessori di un'intelligenza umana e capacità divinatorie.
Il folklore dei paesi che ospitarono popolazioni celtiche è ricco di figure di cavalli spesso però visti. nel loro aspetto negativo. Si potrebbero citare i kelpies scozzesi, cavalli-demoni che amano annegare i malcapitati cavalieri dopo essersi fatti montare docilmente, o Blanc Cheval, Blanque Jument e Drac, originari rispettivamente del Pas-du Calais di Celles-sur-Plaine e di Doubs, che rappresentano con le loro azioni malvagie (distruttori di dighe e annegatori di uomini) la morte e il male.
Nel folklore irlansese svolto nel giorno di san Giovanni (24 giugno), eredità posticipata di un'antica cerimonia compiuta a Beltane, vedeva il cavallo rappresentante di tutto il bestiame.
Un uomo travestito con un panno bianco veniva accolto con felicità e una volta passato sopra le braci era inseguito da tutta la comunità.
Si sa che m Irlanda fino al XII secolo il futuro re per essere riconosciuto tale dal popolo doveva unirsi, nel corso di una solenne cerimonia,  a una giumenta che subito veniva sacrificata e la sua carne fatta bollire. Veniva quindi servita durante un banchetto rituale a cui solo il re non poteva partecipare, ma in seguito avrebbe dovuto immergersi nel brodo dell' animale. Ecco che si presenta l'unione rituale del Cielo e della Terra e un rito di iniziazione in cui il bagno nel caldaio rappresenta un regressum at uterum da cui il sovrano esce rigenerato e dotato di nuovi poteri che l' unione con la giumenta, la Madre-Terra, gli ha conferito. Il re e divenuto sacro con questo rito e la regalità è ora riconosciuta dai sacerdoti e dal popolo.
Per comprendere come possano coesistere nello stesso animale un aspetto tenebroso con .uno luminoso, uno legato al male e l'altro al bene, e necessario fare riferimento alla figura del cavaliere, un guerriero da un lato seminatore di morte e distruzione, dall'altro eroe celeste e solare grazie al sacrificio estremo per la salvaguardia e la prosperità della comunità.


Cervo:

Il cervo è uno degli animali e dei simboli più importanti nella cultura celtica, che ne eredito forse il valore dalla precedente tradizione pre-indoeuropee e che, successivamente lo passò alla religione cristiana. Questo bellissimo animale era considerato un essere spirituale appartenente alla Dea Madre ed era associato a un culto della fertilità più terreno che celeste, anche se nel suo simbolismo non mancano elementi solari.
I palchi del cervo erano una delle caratteristiche più tenute in considerazione perchè, rinnovandosi periodicamente, lo rendevano il simbolo della vita che ringiovanisce di continuo, della rinascita e del corso del tempo. Questo ne faceva un degno rappresentante della Vita interpretata come divinità e del rinnovo della natura, incarnata spesso sotto le figure di dee e dei. Il cervo infatti, era abbinato alla figura del dio Cernunnos, uno dei più antichi dèi celtici che sembra essere stato già invocato dalle popolazioni europee del mesolitico e del neolitico dio che la tradizione cristiana utilizzò per forgiare l'immagine del diavolo.
Cernunnos ha palchi di cervo che gli svettano sul capo e tiene in mano un torque simbolo di regalità.
Nella tradizione celtica i cervi erano detti «tori delle fate» o «bestiame della dea» e la stessa definizione di «bestiame di Flidais» veniva data ai cervi che tramavano il carro della dea e le correvano attorno. I cervi erano perciò considerati gli intermediari fra il mondo degli dèi e quello degli uomini e questa loro particolare funzione li rese accompagnatori delle anime dei defunti verso l'Altromondo (come la renna e Il capriolo). Il cervo in questo ruolo è quindi associato a Samhain, momento in cui le «porte» dell' Altromondo si aprono per lasciar passare in questo gli esseri fatati del Sidhe, o permettere agli umani di accedere ai reami di luce.
Il cervo maschio era simbolo di rapidità, prestanza, agilità e vigore e nella sua figura di maschio combattente, di capo branco e solitario corridore rappresentava il guerriero, il capo clan o il cavaliere solitario.
Il cervo incarnava una forza in sintonia con i ritmi della natura nell'avvenimento annuale della perdita e della ricrescita delle corna, più possenti delle precedenti. Vita-Morte-Rinascita erano il ciclo della vegetazione, il Canto della Vita che faceva del cervo e delle sue corna un potente simbolo di speranza, di longevità e abbondanza, un'importante figura dell'aspetto divino della Natura (Cernunnos) che, pur appartenendo al regno animale, viveva un fenomeno vegetale. I Celti perciò usavano molti talismani in corno di cervo per evocare le qualità dell'animale e la sua pelle e i suoi palchi venivano adottati come ornamenti e indumenti rituali.
Il legame del cervo con la spiritualità e la sacralità della Vita è ben testimoniato dalla storia di Tuan Mac Cairell, quando narra dell'episodio in cui egli divenne cervo al giungere in Irlanda della stirpe di Nemed, il cui nome contiene la radice celtica nem, «sacro». Il cervo è presente nel primo verso (<<lo sono cervo dai sette palchi») della Canzone di Amergin, ritenuta un poema in grado di evocare stati di coscienza modificati in chi lo recita con una certa cadenza e intensità emotiva. Un episodio del Tdin B6 Cuailnge, facente parte della saga dell'eroe irlandese Cu Chulainn, descrive una confraternita di sacerdoti del cervo, detti le leggiadre arpe di buon auspicio, che si trovava ad Assaroe nella contea del Donegal, evidenziando come questo animale venisse considerato un ottimo portatore di fortuna e prosperità.
Secondo la tradizione gallese il cervo di Redynvre è una delle più antiche creature del mondo, messaggero e guida verso l'Altromondo. Vi sono infatti moltissime leggende che iniziano con una caccia al cervo che spesso termina con un avvenimento soprannaturale e l'incontro con uno degli esseri del Sidhe.
La femmina del cervo, rappresentante del principio femminile, compare spesso nei racconti che narrano le gesta dei Fianna. Possiede leggerezza, fiuto e grandi capacità di mutare forma e ha il ruolo di condurre il cacciatore nel profondo della foresta dei misteri. Le donne del Sidhe spesso prendono forma di cerva per mostrarsi agli uomini e invitarli a entrare nelle colline fata te, i cui ingressi non possono altrimenti essere trovati.
Una di queste leggende racconta di come Finn inseguendo un cerbiatto durante una caccia, raggiunga lo Slieve Cuillin dove l'animale scompare per lasciare al suo posto una donna del Sidhe. Essa aveva perduto il suo anello nel lago e chiese a Finn di recuperarlo per lei. L'eroe lo fece, ma riemerse dalle acque con i capelli bianchi, vecchio e avvizzito, dotato però di grande saggezza. Ricordiamo di come laghi, sorgenti, stagni e corsi d'acqua rappresentino altrettanti ingressi al mondo fatato e di come una visita al Sidhe spesso faccia perdere il senso del tempo al viaggiatore che torna al mondo umano carico di sapienza, ma incanutisce non appena tocca terra. La cerva è quindi solo una forma sotto la quale si celano le sembianze delle bellissime donne del Sidhe e l'animale rappresenterebbe il viaggio verso le Sacre Colline del mondo fatato ma anche la percezione del mondo da differenti punti di vista per le qualità femminili che dona.
Si è già parlato di Finn e dei guerrieri conosciuti come Fianna uomini che seguivano un determinato addestramento per appartenevano alla sua schiera ed è interessante notare come Finn Mac Cumhail la sua famiglia e i Fianna d'Irlanda siano spesso associati ai cervidi. Forse appartenevano a un clan molto antico, erede degli occupanti preistorici dell' Irlanda, tribù nomadi formate da cacciatori di renne, e proprio ai Fianna era tributato un eccezionale rispetto, probabilmente dovuto alla loro antica stirpe.
Un cervo bianco è una creatura particolarmente sacra e anche estremamente rara. Nel nostro tempo molte volte è stato visto e fotografato il famoso Cervo Bianco dell'Isola di Arran, su cui, secondo la tradizione, Caoilte dei Fianna scrisse il poema Arran dai Molti Cervi. Il cervo bianco è associato al dio Lugh e alla luce segreta del sole, simbolo dell'iniziato ai misteri della vita e della morte, di colui che ha superato le prove di trasformazione e rinnovamento della propria personalità, ottenendo la conoscenza. In effetti in moltissime tradizioni questo animale, soprattutto di colore bianco, è il simbolo del sole nascente che raggiunge lo zenit, è il mediatore tra il cielo e la terra, il messaggero divino.
Il rinnovo periodico delle corna del cervo lo rendono simbolo della fecondità, dei ritmi di crescita e rinascita e spesso era paragonato all' albero della vita. Nella. tradizione cristiana l'albero (divenuto poi croce d oro, simbolo del Cristo e della rivelazione salvifica) è addirittura raffigurato mentre esce dal centro del capo dell'animale, fra le corna ramificate, abbinato alla figura di sant'Umberto, san Giovanni l'Ospitaliero.
Nella tradizione cristiana il cervo è associato, oltre ai già citati santi, anche a san Patrizio, che cambia le sue sembianze in quelle dell'animale e quelle dei suoi seguaci in daini per sfuggire agli incantesimi del re Loegaire. Sant Edern, nella Bretagna armoricana, era raffigurato a cavallo di un cervo e nell'araldica britannica il cervo bianco divenne l'emblema personale di re Riccardo II. Nel medioevo tuttavia, il simbolismo del cervo (usato come sinonimo di mistero) fu in parte sostituito da quello dell'unicorno e i poeti ermetici del XVII secolo ne confusero il vero significato designando per il primo animale la rappresentazione dell'anima e per il secondo quella dello spirito.

Cigno

Il cigno è un uccello elegante che nella cultura celtica assume un valore importantissimo, tanto da essere uno degli animali maggiormente rappresentati su diversi oggetti e protagonista di numerosi racconti mitologici. Gli ~rc~eologi hanno portato alla luce alcune insegne di epoca celtica su cui spiccano animali come il gallo, il cavallo, il cinghiale, l'allodola e il cigno. E quindi comprensibile perché questo uccello venisse preso quale emblema di clan. I cigni sono in stretta relazione con gli dèi luminosi d' Irlanda, i Tuatha De Danann, e infatti vengono definiti il Clann righ fo gheasan, la «tribù incantata dei figli dei re». L'eleganza e il portamento di questo bellissimo uccello bianco l'hanno reso simbolo di amore sincero, innocenza e purezza.
Oltre che per le qualità citate, il cigno era ammirato dai Celti per la sua forza e il suo coraggio che lo portano a difendere la prole anche contro avversari più grandi e potenti di lui. È un uccello monogamo e fedele per tutta la vita alla compagna scelta. Il suo collo ha la forma del serpente sacro, simbolo di saggezza, e sibila come un serpente quando è minacciato. Il cigno è legato all' acqua (dove nuota), all' aria (dove vola) e alla terra (dove si posa), ma rappresenta soprattutto il fuoco (del sole) da cui trae il suo potere e il suo simbolismo per padroneggiare gli altri tre elementi.
Il cigno rappresenta perciò la comunicazione fra gli elementi, fra i diversi mondi ed era, come tutti gli animali bianchi, sacro alla Dea e considerato un simbolo solare e un divino intermediario. Su moltissime opere d'arte celtiche sono raffigurati due cigni che affiancano la barca solare con il compito di accompagnarla e guidarla durante la navigazione celeste. Lo stesso simbolo dei cigni che volano a due a due, legati da una catena d'oro o d'argento, era inoltre un chiaro segno che gli esseri del Sidhe stavano per manifestarsi nel mondo terreno, essendo questa la forma privilegiata sotto cui si celavano le donne fatate per viaggiare attraverso i mondi. Giunte sulla terra esse posavano le piume e apparivano nude in tutta la loro bellezza nei pressi di laghi o corsi d'acqua.
Le tre donne del Sidhe, Fand, Libana e Derbforgaill, ricorsero spesso alla forma di cigno per venire nel mondo degli uomini. La mitologia celtica narra anche dell' amore del dio Oengus McOg per una fanciulla apparsa gli in sogno e di quando, finalmente trovatala, si tramutò in un cigno per divenirne l'amante. Un' altra leggenda narra di come Midir, un principe dei Dé Danann, ed Etain fuggirono nell' Altromondo sotto forma di cigni legati da una catena d'oro.
I cigni compaiono ancora nella triste leggenda dei Figli di Lir, forma nella quale furono trasformati i bambini dalla malvagia madre adottiva Aoife, gelosa della loro grazia, bellezza e purezza. I bambini mantennero però la bellissima voce con cui cantavano melodie dolci in grado di lenire le sofferenze di feriti e ammalati. Il cigno diviene perciò un simbolo benefico e sacro, possessore di poteri magici legati alla musica, uniti ai poteri terapeutici del sole e dell' acqua. A questo proposito si sa che in Irlanda i Bardi portavano dei mantelli fatti con piume di cigno per la relazione che l'uccello aveva con la musica e il canto.
A livello simbolico il cigno incarna la luce interiore dello spirito umano, la scintilla divina nell'uomo, la manifestazione dello spirito nelle regioni del Superconscio. Il suo volo è paragonato al ritorno dello spirito verso la propria sorgente e il cigno rappresenta la parte dell'uomo che tende al bene, al meglio di sé, alla perfezione, alla spiritualità.
Cesare testimonia che presso i Bretoni il cibarsi di carne di oca costituiva un tabù alimentare, ma questa affermazione forse è dettata da una confusione fatta tra il cigno e la gru o l'oca. Infatti in Bretagna è vietato cacciare il cigno per non attirarsi la malevolenza e la morte. Tuttavia è bene ricordare che presso i Celti era interdetto il consumo di carne di volatile, forse permesso in talune limitate occasioni rituali, per il legame fra gli uccelli e i mondi spirituali.
Nel medioevo il cigno divenne l'emblema della cavalleria mistica e per il biancore immacolato delle sue piume, per il suo gusto per le acque limpide, per il suo coraggio e potenza, esso rappresenta il cavaliere. Nella saga del Graal germanica compare la figura di Lohengrin, il Cavaliere del Cigno, uno dei cavalieri che partecipano alla Cerca della Sacra Coppa.

 

Cinghiale:

Un altro animale che risulta molto importante per la tradizione celtica è il cinghiale. Esso assume una simbologia complessa e viene associato a differenti posizioni sulla Croce Celtica, modificando anche il proprio significato. Quando si trova a Est è un simbolo spirituale, di saggezza, conoscenza, guarigione, verità, lealtà, messaggero fra il Mondo Sotterraneo e quello umano e rappresenta la classe sacerdotale (una qualità di «spirito» in grado di vitalizzare la materia, altrimenti inerte).
Il cinghiale, come il Druido, vaga per la foresta solitario o in compagnia dei suoi simili, per «scavare» alle radici dell' albero della conoscenza ed estrarre il frutto della sapienza proveniente dal Cielo.
Al Sud diviene portatore di fertilità e vitalità, simbolo della Dea Madre, la Natura divina della terra legata al ciclo lunare, alla Dea e alla femminilità feconda e aggressiva, ma anche al ciclo solare, agli dèi, alla frenesia riproduttiva maschile e all'aggressività dei guerrieri. Rappresenta le energie del territorio, il potere della terra che si manifesta come energia vitale. È quindi simbolo di abbondanza, nutrimento, ospitalità, festeggia menti e riunioni sociali, fertilità, salute e protezione dal pericolo, potere e vitalità.
All' Ovest racchiude le qualità dell'iniziazione ai misteri della vita e della morte, del passaggio, della fine di un ciclo e inizio di un altro, alla rinascita.
Al Nord è ispiratore di musica e poesia. Per i Druidi il cinghiale rappresenta il ciclo dell'epoca odierna e simboleggia il polo immutabile (il nord) e l'autorità spirituale. La costellazione oggi chiamata dell' Acquario, un tempo era quella del çillghiale, considerata sede dell' energia mistica e dell'iniziazione, oggi della spiritualità nascente.
Si narra che in Irlanda i maiali vennero introdotti dai Tuatha Dé Danann e che quando i figli di Mile giunsero nei pressi delle sue coste per vendicare la morte di Ith causata dai Tuatha Dé Danann, questi con l'arte druidica mostrarono loro la terra come la schiena di un porco e l'Irlanda prese così il nome di lnis na Muice, Isola del Maiale. In gaelico il nome del maiale-cinghiale è reso con muieh, ore e tore (in gallese twrch) che ha un strana rassomiglianza con il torque, la collana celtica indossata dai guerrieri.
Le sue raffigurazioni nel mondo celtico sono presenti ovunque: su alcune monete degli Edui e dei Petrucorii, dove un cavaliere brandisce un'insegna con il cinghiale; su una delle placche del calderone di Gundestrup, in cui l'ufficiale che guida i guerrieri all'iniziazione porta un elmo sormontato da un cinghiale; su molte insegne militari, in particolare su quelle dell' Arco di Trionfo d'Orange; sugli amuleti portati in battaglia come protezione; sotto forma di statuette votive in bronzo e in pietra; in cima alla famosa tromba da battaglia celtica, il carnyx, la cui testa ne formava il padiglione e che emetteva un suono rauco il cui scopo era di seminare il terrore tra le file del nemico. Agli occhi dei Romani il cinghiale era il simbolo dell'intera Gallia, tanto che sulla corazza della statua di Augusto a Prima Porta (Museo Vaticano) la Gallia è simboleggiata da una donna che porta l'insegna del cinghiale.
Il simbolismo del cinghiale si mescola a quello del maiale e in ogni caso risulta complesso, ragione per cui è necessario analizzarlo con ordine. Innanzitutto è bene evidenziare che la Dea Madre, la divina Natura della terra, si presentava spesso sotto forma di una Scrofa Bianca, e che forse essa era la personificazione dell' antico culto femminile. Con la sovrapposizione indoeuropea la figura del Cinghiale Bianco ha preso il posto delle raffigurazioni della Scrofa Bianca simbolo della Dea.
La scrofa è legata al ciclo lunare, alla Dea e alla femminilità feconda e aggressiva, mentre il cinghiale è connesso con il ciclo solare, con gli dèi, la frenesia riproduttiva maschile e l'aggressività dei guerrieri. I Celti, nonostante l'apparente contrapposizione, seppero armonizzare nella loro tradizione spirituale e sociale il «regno della luna-scrofa» pre-indoeuropeo con il «regno del sole-cinghiale» indoeuropeo, equilibrando le energie maschili e femminili in un sottile gioco di forze.
Procedendo per gradi possiamo dire che il cinghiale rappresenta, insieme al maiale e alla scrofa, determinate energie del territorio. Il potere della terra si manifesta in principio come energia vitale che permette a tutto ciò che esiste di nascere ed esprimersi, inizialmente tramite un atto sessuale: l'azione di dare la vita.
L'antica tradizione celtica prevedeva rituali di unione sessuale eseguiti in modo sacro durante un determinato periodo dell'anno, la festa di Beltane, che portava i bambini a nascere intorno alla festa di Imbolc e all'inizio della primavera. Una cerimonia per celebrare gli antichi riti della fertilità di Beltane prevedeva l'accoppiamento di un sacerdote, rappresentante del dio e della forza maschile, con una sacerdotessa, portatrice della forza femminile e ambasciatrice della dea, e doveva servire come veicolo per manifestare sulla terra le energie creative della nuova stagione luminosa e feconda. La tradizione del folklore popolare di incoronare un re e una regina di maggio forse è tutto ciò che rimane di questa antica usanza, di cui il Palo di Maggio e la festa della Badoche valdostana non sono che un vago ricordo dei festeggiamenti per la fertilità.
Passando a un livello superiore la scrofa, associata alla dea Cerridwen, diviene l'iniziatrice dei poeti e dei veggenti, colei che dona insegnamenti sciamanici, la nutrice dei sapienti grazie alla saggezza della terra. La scrofa possiede la saggezza e la conoscenza perché si nutre dei frutti che cadono dall' Albero di Mugna, una grande quercia che produce magicamente mele, nocciole e ghiande allo stesso tempo. E un animale associato alla terra come entità spirituale e fisica, che si preoccupa di fornire il nutrimento a tutti i livelli.
Le prime qualità che vengono in mente pensando al cinghiale sono certamente collegate alla sua natura combatti va, feroce e indomabile che lo rendono il naturale simbolo della guerra e del guerriero, oltre che della caccia, vera e propria attività rituale dalla molteplice natura.
A questo proposito sappiamo che la dea Brigit, incarnazione degli attributi della Grande Dea Madre in epoca celtica, possedeva il cinghiale Orc Triath da cui derivò il nome Aire che significa «scrofa da battaglia».
Il cinghiale è sì feroce e selvaggio, guerresco e indomabile, ma fornisce anche le sue carni, molto apprezzate dai Celti, per nutrire il popolo. Diviene cosi simbolo dell' ospitalità, della protezione, del banchetto come occasione di festeggiamento e riunione sociale, della fertilità dell'abbondanza, del nutrimento in generale, tanto che la testa di cinghiale viene considerata un talismano potente, in grado di assicurare la salute e di preservare dal pericolo, un oggetto che possiede in sé il potere della forza vitale e della vitalità.
Troviamo a questo punto il cinghiale associato al Sud e al potere del sole di dare e conservare la vita. Il cibo è certamente una delle componenti fondamentali in tale compito e il suo reperimento diventava così motivo, sacro di occupazione. .La caccia, come abbiamo detto, non era solo un attività per assicurare il nutrimento a livello fisico, né tantomeno uno «sport>> ma una vera e propria funzione rituale a cui si partecipava dopo un iniziazione e perciò in grado di costituire un' esperienza «nutritiva» a tutti i livelli. A livello fisico essa forniva il nutrimento al clan, la «porzione del Campione» (il pezzo di maiale o cinghiale più grande e migliore).destinata a premiare il guerriero più coraggioso, e permette l'istituzione dei festini come riunioni sociali, importanti occasioni di incontro e condivisione del sapere, resi famosi dai fumetti di Asterix ideati da Goscinny e Uderzo.
A livello mentale la caccia stimolava l'astuzia e il coraggio del cacciatore che si trovava a percorrere le vie intricate della foresta, all'inseguimento del cinghiale selvatico che rappresentava la forza bruta indomata che andava padroneggiata con l'esercizio dell'intelligenza. A questo livello inizia anche ad agire lo stadio mitologico e magico dell' esistenza, manifestato da diversi racconti che narrano di come il cacciatore si perde fra gli alberi e incontra un essere fatato del Sidhe. Infatti qui la caccia agisce anche a livello spirituale, per cui il cinghiale diviene la guida che porta il guerriero-cacciatore in una Cerca nell' Altromondo oltrepassando le porte del mondo visibile per accedere ai reami interiori.
E' qui che inizia il viaggio vero e proprio del guerriero ed è a questo livello che il cinghiale diviene un essere in grado di fare da traghettatore verso l'Altromondo. Cerridwen, sotto forma di Scrofa Bianca la dea lunare in relazione con il mondo sotterraneo e il calderone sacro dell'ispirazione, fornisce cibo, benessere e fecondità a un livello superiore: dopo aver nutrito il corpo del popolo con la propria carne ne nutre lo spirito con l'ispirazione e la poesia. La mitologia parla del Cinghiale Bianco che ispirò Marvan a scrivere musica e poesia e del cinghialetto con cui parlò Merlino durante un periodo di visioni ispirate.
Nel romanzo di Taliesin ritroviamo la presenza del Cinghiale Bianco, medico, musico e messaggero di Marvan, il porcaro del re Guaire del Connaught. Il magico animale era stato ucciso da Guaire stesso su istigazione di alcuni bardi malvagi che Marvan abilmente sconfigge e riduce al silenzio, venendo acclamato da Seanchan Torpest «primo profeta del cielo e della terra».
Il re Cormac viaggiando nelle terre di Manannan (il cinghiale qui è legato all' Ovest), viene ricevuto come un ospite dal dio stesso che, potendo un maiale a cuocere sul fuoco, gli rivela di possedere sette maiali in grado di nutrire il mondo. Essi rappresentano i sette piani dell' esistenza e di espressione della manifestazione, il nutrimento dell' essere a tutti i livelli. Manannan spiega che il maiale non deve essere bollito nel calderone (e che quindi non può nutrire), prima di aver pronunciato una verità su ciascun quarto di esso, intendendo che ogni cerchio dell'esistenza è diviso in quattro parti, ciascuna da percorrere in modo veritiero e nobile e la cui verità va conosciuta e compresa. Ricordiamo che i vari cerchi sono uno stato di coscienza e non dei mondi veri e propri in senso materiale.
Questo concetto di verità è importante nella filosofia celtica. La Verità è un principio che nell'Universo viene tenuto in alta considerazione attraverso tutti i piani / livelli dell' esistenza. La cottura del maiale significa la possibilità di ricevere nutrimento a tutti i livelli, da quello materiale al più spirituale. La leggenda spiega che chi non è in grado di vivere in modo veritiero, pronuncia il falso sotto giuramento, mente a se stesso e agli altri, non è degno di ricevere i doni del nutrimento spirituale presenti a ogni livello.
Il festino di Manannan, in cui vengono serviti i maiali dell' Altromondo che riprendono vita il giorno dopo, pronti per un nuovo banchetto, si svolgeva alla vigilia di Samhain, quando i due mondi si incontrano e chi partecipava al festino riceveva il dono dell'immortalità. I maiali di Manannan simboleggiano quindi il nutrimento spirituale sempre pronto e disponibile, in grado di rinnovare l'energia vitale in chi partecipa al banchetto del dio. Naturalmente tale particolarità conferiva doni straordinari al cinghiale e al maiale. Si dice infatti che la pelle di maiale avesse la proprietà di cambiare l'acqua in vino per nove giorni e di curare ferite e restituire la salute ai malati.
Questo animale viene perciò considerato come un animale-ponte fra il Mondo Sotterraneo e quello umano e della sua carne, cibo del reame di Manannan (sinonimo per definire il regno dei morti, l' Altromondo), ne sono state ritrovate diverse porzioni, spesso contenute nei famosi calderoni, nelle sepolture di capi e guerrieri.
Il cinghiale come guida del guerriero che si introduce nella foresta, simbolo del proprio intricato mondo interiore, per ottenere degli insegnamenti spirituali da una donna del Sidhe, è presente in numerosi racconti della mitologia celtica. Oltre alla storia di re Cormac già citata, la tradizione irlandese ci tramanda quella di Diarmaid e del Cinghiale Verde di Ben Gulbain, di Finn Mc Cumhail e dell'inseguimento dei magici maiali rossi del dio Oengus Mc Og da parte dei suoi cani e dei suoi guerrieri. Nella mitologia gallese viene narrata la caccia al cinghiale Twrch Trwyth da parte di Artù e dei suoi uomini, considerata un grande avvenimento, da un Iato come mezzo per ottenere la regalità rappresentata dal Cinghiale Bianco (in realtà sarebbe meglio dire Scrofa Bianca), simbolo della sovranità della Dea, dall'altro come tentativo di padroneggiare il potere spirituale, rappresentato dal cinghiale, da parte di quello temporale, simboleggiato da Artù, il cui nome trae radice dal termine celtico Arth, «orso». Molti eroi prima di compiere un'impresa importante nella loro vita si sono perduti nella foresta inseguendo un cinghiale che diviene una guida per l'eroe che giunge di fronte al proprio destino e verifica la sua regalità o il suo fallimento, simbolo quindi di riuscita o distruzione. Twrch Trwyth viene inseguito da Artù e dai suoi guerrieri tra !'Irlanda, il Galles e la Cornovaglia, ma non viene raggiunto.
Un' altra storia racconta di Guingamor, cavaliere e nipote di Artù, che per aver rifiutato le avances della regina viene obbligato ad andare nella foresta a caccia del Cinghiale Bianco, che nessuno aveva mai ucciso e dal cui inseguimento nessuno era mai tornato. Come gli altri Guingamor si perde nella foresta dove Incontra una bellissima fanciulla intenta a fare il bagno che gli offre il suo amore. Ma il cavaliere vuole tornare dallo zio e portare la testa del Cinghiale Bianco, in realtà un aspetto della stessa fanciulla fatata. A quel punto lei acconsente a lasciarlo partire avvertendolo però che dal momento del suo ingresso nella foresta e gli ha perso la cognizione del tempo e che nel mondo terreno in realtà sono passati trecento anni e nessuno lo riconoscerà. Guingamor parte ugualmente con la raccomandazione della giovane di non mangiare e bere nulla. Tuttavia il cavaliere, giunto oltre i limiti della foresta, racconta la sua storia a un vecchio carbonaio e, mangiando un frutto, cade a terra. senza vita. La bella signora manda allora le sue servitrici a cercarloe riportarlo da lei. Questa storia ricalca fedelmente quella più antica di tradizione celtica che riguarda Oisin.
Ciononostante  le associazioni militari, guerriere e aggressive, presso i Celti il cinghiale è anche simbolo della classe sacerdotale, forse per la sua qualità di vitalità proveniente dal lato spirituale di ogni piano di manifestazione, essendo lo Spirito un principio essenzialmente vitalizzante della materia che altrimenti sarebbe inerte. Il cinghiale inoltre è, come il Druido, in stretto contatto con la foresta dove vaga solitario o in compagnia dei suoi simili senza paura. L'animale si nutre delle ghiande della quercia, il grande albero sacro, ma scava anche ai piedi del melo, l'albero dell'immortalità, per estrarre i tartufi, frutti del fulmine (secondo le antiche tradizioni), mangiando inoltre le nocciole di Mugna, circondato in tutte queste azioni dal piccoli cinghialetti.
In poema gallese inizia con la strofa: «Prestate ascolto maialetti» intesi nel senso di discepoli. Il Druido chiama se stesso cinghiale perché si innoltra solitario nella foresta accompagnato dai discepoli (i «cinghialetti») per «scavare» alle radici dell' albero della conoscenza ed estrarre il frutto della sapienza proveniente dal cielo. Considera sacra la quercia e tiene in debita considerazione  Nove Noccioli della Saggezza del Pozzo di Connla. ."

 Il cinghiale era il cibo sacrificale della festa di Samhain del 1 o di novembre, la «porta annuale fra i mondi», e l'animale consacrato al dio Lugh. Vi è traccia di un certo Mercurio-Moccus in cui la parola «moch» indica il cinghiale e si conosce una dea Arduina, il cui nome è passato successivamente a designare le Ardenne, alla quale era associato il cinghiale. Come abbiamo gia visto il Mercurio descritto da Cesare corrisponde al dio Lugh irlandese e la sua funzione guerriera-sacerdotale è stata ormai analizzata. Si sa inoltre che il cinghiale era l'animale associato a Teutates (padre del popolo), il dio sul quale giuravano solitamente, i Celti Irlandesi perchè esso era il protettore del tuàth, il popolo, la tribù, e che forse è rappresentato sulla placca del calderone di Gundestrup nell' atto di iniziare i guerrieri da semplici fanti a cavalieri. R. Rezkinov afferma che per i Druidi il cinghiale rappresenta il ciclo eppoale odierno e simboleggia il polo immutabile (il nord) e l'autorità spirituale. Spesso nella Gallia romanizzata questo animale viene raffigurato sotto un melo o una quercia. Importante è rilevare che la costellazione oggi chiamata dell' acquario un tempo era quella del Cinghiale, considerata sede dell' energia mistica e dell'iniziazione, oggi della spiritualità nascente (o rinascente...). Il cinghiale rappresenta il Druido e all'epoca in cui fu costruito il grande tumulo di Newgrange il sole del solstizio d'inverno, il cui raggio mattutino illumina la camera sepolcrale, sorgeva nella costellazione del Cinghiale. Nel periodo celtico di La Tène il sole sorgeva nella costellazione del Cinghiale all' alba dello febbraio, giorno in cui si festeggiava Imbolc, cosicché il dio luminoso Lugh rappresentato dal sole si trovava accanto il proprio animale simbolico.


Cornacchia e Corvo:

Il simbolismo della cornacchia e quello del corvo sono molto simili nella tradizione celtica e verranno quindi trattati assieme. In genere sia la cornacchia che il corvo vengono associati alle dee irlandesi della battaglia Nemain, Bodb-Macha e Morrigan-Modron e alla dea gallese Branwen, mentre il corvo è un uccello tipico degli dèi Bran e Lugh e di Nantosuelta (detta anche «dea della colomba»).
Diverse leggende di molti popoli anche distanti fra loro narrano che in origine il colore delle piume del corvo fosse bianco. Un corvo bianco appare nel mito celtico gallese che parla di Branwen, sorella di Bran, ed esiste un racconto irlandese a questo proposito riferito a Lugh, dio accompagnato da due corvi.
Si narra che il corvo, in origine dal piumaggio bianco, era l'uccello favorito del dio Lugh e che questi gli aveva lasciato il compito di sorvegliare una giovane fanciulla incinta, amante del dio, affinché nessun mortale potesse giacere con lei. Ma durante l'assenza del dio la giovane passò la notte fra le braccia di un pastore e chiese al corvo di passare sotto silenzio il suo tradimento. L'uccello acconsentl e al ritorno di Lugh, interrogato sugli eventi intercorsi durante la sua assenza, il corvo mentì e il dio della divinazione, colui che sapeva tutto, si infuriò e condannò l'uccello ad avere il piumaggio nero come la notte e a ubbidirgli ciecamente.
Il corvo perse così la libertà e il suo piumaggio bianco, e fu sottomesso alla volontà di Lugh. Questa leggenda cela !'insegnamento riguardante la coscienza umana che, separata dal principio spirituale che la anima, pur essendo la rappresentante della divinità nella personalità, può rendersi la nera consigliera di quest'ultima prestandosi ad appoggiare la menzogna.
Lugh veniva considerato il dio della profezia e il corvo, uccello prediletto del dio e, come abbiamo visto, sottoposto al suo volere, appare quindi come un animale profetico. Presso i Celti le persone preposte alla divinazione traevano auspici riguardanti il futuro osservando la direzione e la modalità di volo dei corvi e fu un volo di corvi sopra una particolare altura a fornire le indicazioni per la fondazione della città di Lione, l'antica Lugdul1Unz, «collina del corvo» o «collina di Lug».
L'espressione irlandese «possedere la conoscenza del corvo» si riferisce a colui che detiene la conoscenza suprema. Questa forma di sapere eccelso non deriva semplicemente dalla divinazione ma dalla focalizzazione della coscienza individuale sul piano spirituale, nel piano del Superconscio (il cui Signore e simbolo è il dio Lugh Samildanach), dove ogni cosa è conosciuta. Il corvo, essendo un attributo di Lugh, viene ritenuto un uccello celeste e solare, anche se per il suo piumaggio nero è connesso anche con le regioni profonde e oscure, sia interiori che esteriori. Ricordiamo che spesso Lugh rappresenta la luce segreta del sole, invisibile a occhio nudo, che irradia dal lato nascosto dell' astro simbolo della luce spirituale. Nel 1873 Eugene O'Currey pubblicò un libro, basato su un vecchio opuscolo conservato al Trinity College di Dublino, intitolato On the Manners and Customs oJ the Ancient Irish in cui viene citato un tipo di divinazione fondata sul verso dei corvi. Dice che il gracchiare di un corvo sopra un letto chiuso all'interno della casa annunciava la visita di un ospite importante, laico o ecclesiastico. Per riconoscere la funzione di chi stava per giungere era necessario ascoltare Il verso dell'uccello se assomigliava a bacach! bacach! l'ospite sarebbe stato un laico, se era gradh! gradh! e sul far della sera, sarebbe stato un religioso più precisamente il corvo avrebbe annunciato l'arrivo di un poeta satirico o di un soldato con un grog! grog! o un gradh! gradh! gracchiando alle spalle di chi ascoltava e dalla direzione da cui sarebbero giunte le persone in visita.
Il simbolismo del corvo è quindi ambiguo: da un lato accompagna dei solari, e indice di longevità, portatore di profezie che indicano dove fondare città ed è protettore del popolo, ma dall'altro è associato alle dee della guerra e della morte, un uccello portatore di sventure. Sembra che nelle culture dei cacciatori-raccoglitori il simbolismo del corvo fosse stato positivo e che fosse mutato in negativo quando i popoli divennero, sedentari. Secondo una tradizione del folklore celtico scozzese i corvi avrebbero potuto assumere forme di esseri fatati quando hanno cattive intenzioni nel confronti degli esseri umani, forse una credenza derivata dalla leggenda delle dee Morrigan e Bodb e della loro azione nei confronti dell' eroe irlandese Cù Chulainn.
La prima volta che Cù Chulainn incontra la Morrigan (nella mitologia celtica a volte è la dea Bodb), essa appare come una donna vestita di rosso a cavallo di un destriero rosso che gli offre la propria compagnia sessuale, rifiutata. dall' eroe. La dea allora scompare e Cù Chulainn sente il gracchiare di un corvo provenire da un ramo su cui è appollaiato un uccello nero realizzando che è la dea a celarsi sotto quell' aspetto.
Morrigan inizierà a perseguitarlo senza sosta e al momento della sua morte gli si poserà sulla spalla nelle sembianze di un corvo.
La cornacchia e il corvo assumono in questo caso una valenza negativa, simboleggiando le energie femminili orientate verso la rovina piuttosto che per la creatività, l'uso della sessualità per scopi distruttivi piuttosto che procreativi. Tuttavia questo uccello, così come il corvo, è legato. alla luce, !orse quella notturna, che lo rende guida delle anime verso il regno del morti.
Il corvo e la cornacchia, quindi, sono due uccelli associati alla funzione guerriera e con le loro sembianze le dee apparivano sul campo di battaglia per incitare i contendenti allo scontro, eccitare gli animi, accompagnare gli Spiriti del caduti nell' Altromondo. Ricordiamo le tre donne che su una nave portano Artù lontano dal luogo dell'ultimo combattimento verso l'Isola di Avalon.
La presenza sui campi di battaglia della dea Morrigan sotto forma di corvo veniva Invocata tramite il gracchiare dei carnyx che imitavano il verso dell'uccello. Per quanto riguarda le altre due dee della triade si fa derivare il nome della dea Macha dalla parola «cornacchia», adeguandosi all'interpretazione del Book of Lecan, e lo stesso significato si attribuisce al nome (o forse esso era un semplice soprannome) della dea Bodb, la cui corrispondente gallica è Cathubodhua, la «cornacchia del combattimento».
Nella tradizione cristiana vi sono alcuni santi rappresentati in compagnia di corvi o cornacchie: san Benedetto, san Bonifacio, sant'Osvaldo, san Meinardo e san Vincenzo.


Delfino:

È molto facile che i maiali di Manannan, dio legato al mare, al regno dei morti, all' Altromondo, di cui si è parlato, fossero in realtà dei delfini, come testimoniato dai nomi di «oca di mare» e, soprattutto, di «maiale di mare» con cui veniva chiamato anticamente questo mammifero. E quindi un animale legato alla trasformazione e al risveglio spirituale, una guida e una porta verso la Realtà dell' Anima.
Il delfino è il simbolo della morte, del viaggio attraverso il mare, le Terre di Manannan, verso le Isole dei Beati. Su una placca del famoso calderone di Gundestrup, Cernunnos compare seduto fra un cervo, che ha sopra di lui un toro, e un lupo, mentre tiene in mano un torque e un serpente. A sinistra una piccola figura a cavallo di un delfino viaggia verso destra preceduta da un toro e inseguita da un animale feroce che può sembrare un mastino, un cane da battaglia, mentre altri due di questi animali sono sotto di lui. Tre mastini feroci compaiono spesso sulle placche del calderone e si riferiscono certamente a episodi della mitologia celtica. Le decorazioni che riempiono la scena potrebbero riferirsi a simboli che indicano il viaggio nei mondi spirituali.
Qualcuno ha voluto interpretare questa placca come un viaggio sciamanico compiuto dallo spirito di Cernunnos a cavallo del delfino, il cui corpo resta seduto a occhi chi usi al centro della rappresentazione.
Lo sciamano viaggerebbe preceduto da un animale-guida cornuto (elemento tipico di questo tipo di tradizione) braccato dal cane a guardia dei mondi interiori. Le decorazioni sarebbero foglie d'edera, ingrediente utilizzato per preparare delle bevande allucinogene assunte durante determinati rituali.
La figura del delfino appare inoltre su uno scettro celto-romano trovato in Inghilterra in cui è raffigurato un giovane dio nudo che brandisce una saetta o una clava, associato a una ruota, un delfino e una testa di toro con tre corna.


Falco:

Il falco, legato al Nord, assunse nella tradizione celtica irlandese lo stesso valore dell' aquila, essendo entrambi animali solari. Il rostro di questi uccelli è stato paragonato al falcetto con il quale i Druidi tagliavano il vischio dagli alberi e acquista, perciò, nonostante la sua forma che potrebbe essere considerata lunare, un valore essenzialmente solare di fecondità e immortalità.
Il falco è ammirato per la sua velocità e la sua astuzia, per la sua forte presa in volo, per la sua eccellente vista. Avere un «occhio di falco» è un' espressione che in genere indica colui che ha la capacità di osservare tutto attentamente, notando anche il più piccolo dettaglio. Il falco è quindi un simbolo di perspicacia, di consapevolezza intensa, di vigile sorveglianza, di rapidità nell' agire e nel prendere decisioni. «Falco di Ess Ruadh» era il soprannome con cui veniva chiamato Diarmaid O' Duibhne, uno dei guerrieri Fianna che fuggì con la propria amante Grainne, e il falco viene anche citato nella storia riguardante i figli di Tuirenn nel momento in cui devono appropriarsi della magiche mele del Giardino dell'Est del mondo. L'impresa non era facile e Brian, il fratello maggiore, disse che la cosa migliore da fare era agire rapidi sotto forma di un veloce falco, entrare nel giardino, impossessarsi delle mele e fuggire il più presto possibile.
Tuan Mc Cairill diviene falco quando giungono in Irlanda i Tuatha de Danann, abbandonando la forma terrena del cinghiale per osservare dall' alto l'arrivo dei portatori dell' arte, del druidismo, della magia e della bellezza in Irlanda. Una delle strofe della Canzone di Amergin dice «Io sono falco su una scogliera». Il Falco di Aichill era considerato dalla tradizione celtica la più antica creatura del mondo, il custode della memoria ancestrale, un messaggero fra i mondi e un portatore di fortuna.
Il falco è il simbolo del viaggiatore che percorre molta strada, che va lontano, fino al regno degli antenati, e rappresenta la memoria primordiale. Il falco diviene quindi una guida e un viaggiatore fra i mondi, un uccello totem in grado di far giungere la coscienza alla conoscenza dell'anima che viene condivisa con coloro che conoscono il modo giusto per chiederla. Il falco come uccello totem conferisce il dono della preveggenza e della chiaroveggenza.


Gabbiano:

Associato alla dea gallese Don e a Manannan Mac Lir, il gabbiano viene considerato in grado di annunciare in anticipo le tempeste.


Gallo:

Il gallo è presente su diverse monete galliche, e su alcune raffigurazioni gallo-romane è rappresentato a fianco di Mercurio-Lugh. Dal gioco di parole gallus e Gallia e dal fatto che un tempo i suoi abitanti erano chiamati Galli dai Romani, il gallo è divenuto il simbolo della Francia per volere di Napoleone III nel secolo scorso.
Pur essendo un simbolo solare, il gallo viene associato al mondo sotterraneo e al Mercurio celtico nel suo aspetto oscuro, oltre che alla Dea Madre Terra. Alcuni galli venivano sacrificati durante il giorno dedicato alla dea Brigit e pertanto questo animale, pur essendo anche un simbolo di mascolinità, aggressività e protezione dalle intrusioni, è connesso con la dea.
Secondo una tradizione celtica il gallo scaccerebbe i fantasmi e gli spiriti maligni che si aggirano nella notte grazie al suo canto, grido di annuncio per il sorgere del sole.

 

Gatto:

Il Gatto è un'animale legato alla luna, al regno dei morti, ai Poteri dell'Oltremondo, alla profezia e alla terra come madre oscura in cui il seme si spacca. Nella tradizione celtica d'Irlanda il gatto non gode di buona reputazione. Cairpre, l'usurpatore del potere supremo che causa la rovina d'Irlanda, era detto Cenn Chaitt, Testa di Gatto.
In diverse leggende celtiche viene detto che il gatto è un guardiano.
di tesori. Nel racconto gallese la Navigazione di Mael Duin, il protagonista e i suoi compagni giungono presso una fortezza deserta, abitata .solo da un gattino che salta da un pilastro all'altro, dove trovano cibo pronto e molte ricchezze. Si lasciano andare ai festeggiamenti senza che nulla accada, ma quando uno di loro, un fratello di forestage di Mael Duin tenta di impadronirsi di un cerchio d'oro, viene incenerito da una fiamma guizzata dagli occhi del. gattino che torna subito dopo ai suoi giochi. Un proverbio irlandese dice che gli occhi del gatto sono la porta dell' Altromondo.
Il guardiano delle porte di Tara, la fortezza dei Tuatha Dé Danann aveva un occhio di gatto che di notte lo teneva sveglio al rumore del topi e degli uccelli, mentre di giorno, durante le guardie, lo faceva addormentare.
In Irlanda vi era probabilmente un culto legato al gatto nel santuario della grotta di Clogh-magh-right-cat (la «grotta della piana della regina-gatto», oggi Clough, contea di Connacht) dove, si diceva, un vecchio gatto nero stava seduto su una sedia d'argento.
Sembra che esistesse una dea-gatta di nome Palug o Gatta Palu, considerata uno dei tre flagelli dell'isola di Anglesey, bestia nata dalla dea-scrofa Henwen (letteralmente «Vecchia Bianca»). Forse era la dea Cerridwen che si poteva manifestare sia sotto forma di scrofa sia .nelle sembianze di gatta. In molte zone della Francia e della Germania un personaggio del folklore veniva chiamato lo Spirito-Gatto del Grano, che appariva durante le feste del raccolto. A prima vista sembra strana questa associazione del gatto con il raccolto, ma quando sappiamo che Henwen partorì un grano d orzo, uno di frumento e un ape, oltre a un lupo, un' aquila e il gatto Palu, tutto risulta più chiaro.
È probabile che la dea sotto forma di gatto sia sopravvissuta anche nei racconti arturiani nelle sembianze del mostro Chapalu.


Gru:
La gru è un animale solare e soprattutto nel suo aspetto di portatrice di guarigione ed espressione di salute a tutti i livelli, che annuncia e reca nuova vita come l'airone e il cigno, in ogni caso con qualche legame con l'Altromondo, soprattutto quello sotterraneo. Infatti sue raffigurazioni sono state trovate su armi, corazze, scudi e altri oggetti da combattimento ed è possibile che la gru fosse uno degli animali totemici di qualche clan di guerrieri.
Appare talvolta sulla schiena di cavalli dalla testa umana o di tori come il Tarvos Trigaranus, il <<Toro dalle Tre Gru», e ha un legame con il calderone simbolo di iniziazione e trasformazione. E quindi associata alla dea scozzese Cailleach e al dio irlandese Manannan, che possedeva un borsa confezionata in pelle di gru in cui conservava i suoi magici tesori.
Veniva considerata il guardiano delle porte dell' Altromondo, dove vi erano tre gru che urlavano ai viandanti: «Vietato entrare! Vietato avvicinarsi! Continuate il cammino!». I suoi tre colori, bianco, nero e rosso, la fanno una degna rappresentante della Triplice Dea. Una tradizione irlandese parla di una delle meraviglie d'Irlanda, una gru trovata a Inis Kea, contea di Mayo, uccello che era in vita dall'inizio del mondo. E molto probabile che questa fosse una delle forme scelte dalla Dea Madre, come forza creatrice, per manifestarsi nel mondo terreno.


Gufo:
Per i Celti  il gufo è un uccello sacro e magico, che appare in molte raffigurazione del periodo di La Tène in cui è simboleggiata una dea gufo. Viene chiamato bodach oidche, «fantasma della notte», o cailleach bhan; «vecchia donna bianca», ed è quindi associato a Cailleach, la Strega d Acqua, e alla guerriera Scathach dell'isola di Skye. il gufo è un uccello della notte, un accompagnatore delle anime dei defunti attraverso i reami dell' ombra, un simbolo di morte e distruzione, della luna uno degli antichi animali sacri alla Dea, chiamato appunto Occhio della Dea.
E' un uccello notturno compagno di Gwynn ap Nudd, Signore dell' Altromondo e responsabile delle anime dei guerrieri caduti in battaglia. Famoso nella tradizione gallese è il gufo di Cwm Cawlwyd, una delle creature più vecchie del mondo. Il gufo è anche simbolo della saggezza e della conoscenza delle cose antiche.
La figura della civetta si confonde spesso con quella del gufo e si può quindi considerare come simbolismo unico. Un'antica leggenda britannica parla del cacciatore Herne (il famoso Cernunnos) che ha un copricapo ornato di corna di cervo, un braccialetto che emana una strana luce al suo polso sinistro e una civetta o un gufo che volano sopra di lui durante la sua corsa attraverso i boschi insieme alla schiera di morti e esseri mostruosi. Come tutte le leggende post cristiane che fanno riferimento a divinità celtiche, i caratteri pagani vengono spesso dipinti come malvagi e oscuri, legati all'aspetto tenebroso dell'esistenza.


Lepre:
La lepre è un animale legato alla luna, alla femminilità e quindi alla Dea. Sembra che i Celti allevassero le lepri per diletto, ma che vi fosse un tabù che impediva di nutrirsi delle sue carni. Tuttavia esso veniva abolito per i festeggiamenti del 1 o maggio: Beltane, in cui era permessa la caccia rituale alla lepre.

La lepre era un animale sacro della dea britannica Andraste e i movimenti dell' animale venivano interpretati per divinare. Sembra che la regina degli Iceni Boudicca, devota ad Andraste, avesse sul suo stendardo la figura di una lepre.


Lontra:

La lontra viene chiamata in gaelico doborchu, in gallese dyfrgi, in bretone dourgy, tutti termini che significano «cane d'acqua». Viene considerata un animale magico, un simbolo di iniziazione; legata alla luna per la sua particolarità di scomparire sott' acqua ma di respirare aria e di essere guida delle anime dei defunti verso l'Altromondo; compagna sacra del dio Cernunnos insieme al cervo, all' orso e al lupo. Nel racconto il Viaggio di Mael Duin il protagonista, Brendano, e i suoi compagni vengono guidati e aiutati a proseguire da alcune lontre.
L'eroe Cù Chulainn tenta inutilmente di evitare la morte uccidendo una lontra per cercare di riacquistare l'energia perduta dalla rottura del suo geìs di non mangiare carne di cane. n suo simbolismo può essere paragonato a quello del cane, con cui condivide molti significati.


Lupo:

Se nella cultura cristiana del medioevo e dei secoli successivi il lupo appare come una figura malefica e malvagia, nella cultura celtica esso invece assume un ruolo benefico. La tradizione irlandese racconta che il re supremo Cormac McArth fu allevato e allattato dai lupi e che essi non lo lasciavano mai. Più di una tribù e di un clan presero il nome da questo animale, considerandolo sia un antenato mi tic o sia una bestia totem.
La campagna che in Francia portò tra il 1882 e il 1914 allo sterminio di oltre diecimila lupi perseguitati per una loro supposta ferocia, era sorretta dai racconti di attacchi di lupi contro gli uomini. Tuttavia nel XX secolo in America Settentrionale (dove si contano centinaia di migliaia di lupi) sono stati registrati solo due casi di attacco nei confronti dell'uomo e tutti e due gli animali erano affetti da rabbia. Negli archivi di Prussia del XVIII secolo non si trova nessuna registrazione di attacchi verso l'uomo, mentre nello stesso periodo in Francia e in altre parti d'Europa era in atto una campagna di sterminio del lupo. Riportiamo queste notizie perché lo spirito del lupo è ancora vivo nell'inconscio collettivo celtico e va onorato per far sì che perdoni l'insensatezza umana e continui a guidare coloro che si avventurano nei mondi spirituali.
Spesso il lupo dimostra di essere un animale di potere, che viene in aiuto di chi ne ha bisogno e ha molto in comune con il cane. Diverse divinità ed eroi si manifestano sotto le sembianze di lupi e si dice che la Morrigan mutasse talvolta il suo aspetto con quello di una lupa. Cernunnos viene accompagnato nei suoi vagabondaggi nella foresta da un lupo, un orso e una lontra.
n nome di Lugh in gaelico si pronuncia Lu (significa anche «lince») e lo stesso suono in francese serve a pronunciare la parola «1upo». Sembra che derivi dal celtico e che in esso trovino radice anche i termini luce e leone. Ricordiamo che la città francese Lione, la «città del leone», era l'antica Lugdunum, «fortezza di Lugh».
Il lupo era il messaggero della Dea della Morte nella Vita e fungeva da accompagnatore verso la Terra dei Morti, guidando le anime attraverso le foreste dell' Altromondo.
Merlino, generato da un uccello, fu battezzato dall'eremita Bleiz o saint Blaise (<<lupo») che viveva nella foresta in compagnia di un lupo grigio, e un altro santo associato al lupo è san Loup, appunto'o.


Merlo:

Una leggenda narra di come il merlo acquisì il piumaggio nero al posto delle originali piume bianche. Incontrando una gazza che deponeva delle pietre preziose e dell' oro nel cavo di un albero le domandò dove le avesse prese. La gazza rispose che per averle avrebbe dovuto cercare un ingresso al mondo sotterraneo e offrire i propri servigi al principe delle ricchezze che in cambio gli avrebbe lasciato portare via dal suo regno tutto ciò che fosse riuscito a tenere nel becco. Un avvertimento della gazza fu però di non toccare niente di ciò che avrebbe trovato nelle altre sale. n merlo tuttavia si fece tentare dalla polvere d'oro e vi immerse il becco. Subito un orrendo mostro gli gettò addosso fumo e fiamme, provocanno una densa coltre nera con cui il povero merlo, fuggendo per un soffio, macchiò per sempre il suo piumaggio.
In un racconto del folklore francese intitolato il Merlo Bianco egli è l' uccello detentore dell'eterna giovinezza.
Si dice che possieda magia e la capacità di passare nell' Altromondo.
Il merlo è associato alla dea Rhiannon e il suo nome gaelico Druid dhubh lo accomuna ai druidi che vengono detti «Uccelli di Rhiannon».
Il canto dei merli di Rhiannon addormenta gli uomini o getta su di loro un incantesimo cosìcchè non si accorgono del trascorrere del tempo.
Tuttavia alcuni intengono che il nome Druidh-dhubh indichi il regolo piuttosto che il merlo.
Il merlo è in grado di rivelare i profondi segreti dell' Altromondo e di portare Il suo ascoltatore in un altro luogo, come al tramonto quando esso canta la mistica melodia nel magico momento intermedio fra il giorno e la notte.


Mucca:
La mucca è l'incarnazione della femminilità nel suo aspetto procreativo e di abbondanza e perciò il simbolo della dea. In Irlanda la Dea Mucca è riconoscibile nella figura di Boann, «Colei dalle Bianche Mucche», che diede il suo nome al fiume Boyne. La dea e la terra sono la stessa cosa: la prima è l'entità spirituale di cui la seconda è il corpo la manifestazione fisica.
Un tempo la mucca era associata anche alla dea Morrigan, prima che quest' ultima assumesse solo il ruolo di Signora della Morte e della Battaglia, quando ancora rappresentava la sovranità a cui doveva unirsi il re all'atto della salita al trono. Forse la sacralità della mucca nella cultura celtica è dovuta all' antica appartenenza indoeuropea dei Celti che  ricordiamo discendono da quei popoli che giunsero in Europa fra Il 35.00 e Il 1200 a.c., dopo essersi divisi in due grandi gruppi di cui uno costituì la famiglia ariana dell'India,
Le due celebrazioni che costituivano la «porta» oscura e quella luminosa dell'anno celtico, Samhain e  Beltane, erano connesse con i movimenti di bestiame dai pascoli verso i ricoveri invernali e viceversa.
Una  donna del Sidhe chiamata Grugach proteggeva il bestiame e i pastori la ringraziavano con offerte di latte. Un' antica leggenda della Valle d' Aosta narra di un pastore avaro che rifiutò diverse volte una scodella di latte a una vecchia tanto che questa, per punirlo, gli gettò un incantesimo e dalla scodella (talvolta un calderone) proruppe un fiume di bianco liquido che ricoprì tutti i pascoli dell'uomo, facendo nascere l'esteso ghiacciaio del Rutor che in lingua celtica significa «montagna di ghiaccio».
La mucca rappresenta la fertilità della Terra, l'abbondanza di frutti e armenti, la fecondità delle donne e la prosperità dei campi. A livello simbolico umano e la ricchezza di risorse, sia in termini di beni materiali sia come capacità di agire e attuare i propri progetti. L'oggetto che più rappresenta la Dea-Mucca è il calderone dell'abbondanza, il sacro contenitore della dea Cerridwen, che .divenne in seguito anche un attributo del dio Dagda, da cui nessuno si sarebbe mai allontanato insoddisfatto, prototipo della Coppa del Graal.
Quando Cu Chulainn e i suoi compagni fecero una rapida incursione nell' Altromondo, riportarono in quello terreno il magico calderone di abbondanza, la vergine Blathnat (uno degli aspetti della dea) e tre mucche fatate, tutti simboli della femminilità, della stessa energia femminina che alberga nel sottosuolo e nelle profondità.
Anche il dio associato al mare, Manannan Mc Lir, possedeva delle mucche, le crodh mara, il «bestiame del mare» che spesso furono viste uscire dalle acque, come a Baile Cronin, quando tre di esse, una bianca, una nera e una rossa camminarono sulla spiaggia. Chi le vedeva godeva di grande fortuna, soprattutto se era un allevatore che poteva accoglier/e fra il suo bestiame.
I Celti vedevano nelle mucche l'incarnazione del dono di abbondanza e fecondità della terra, il nutrimento e il sostentamento che la Dea concede agli uomini attraverso la fertilità del suolo e vi sono numerose leggende che lo dimostrano, specialmente quelle che narrano di come persone, eroi e dèi vengano sfamati e rinvigoriti dal latte di mucche fatate.


Oca:

Talvolta la dea Epona appare a cavalcioni di un'oca con le corna.
L'oca è un simbolo della dea della guerra, ma più spesso assume lo stesso significato del cigno e come questo costituiva un tabù alimentare per le tribù celtiche.


Orso:

L'orsa, ma anche il suo corrispettivo maschile, viene considerata una creatura legata alla luna, alla mente subconscia, all'energia sotterranea nel suo aspetto semicosciente. È quindi essenzialmente un simbolo della femminilità e pertanto un animale rappresentante della Dea.
Tuttavia è bene considerare che le statuette ritrovate raffigurano sempre l' orsa, e la dea a lei associata, come portatrici di abbondanza e fecondità, così come viene ritenuta una dispensatrice di prosperità la costellazione dell'arsa Maggiore (detta anche «Grande arsa») e che forse il carattere lunare, subcosciente e oscuro di questo animale si è sovrapposto a un più antico significato legato alla luminosità e alla dea come divinità solare (ricordiamo che il nome del sole nelle lingue celtiche è di genere femminile).
Inoltre, se ci è chiaro che il re è una figura spesso paragonata al sole e che la festa celtica a lui dedicata è quella di Lughnasadh, il l0 agosto, possiamo dedurre che l'orso in ambito celtico è legato più alla luce solare e all' aspetto celeste del simbolo che non a quello lunare e sotterraneo.
Le famose divinità Artio, Andrasta, Arduina sembrano essere dee legate alla costellazione dell'arsa Maggiore, piuttosto che delle dee-orsa.
Nelle tradizioni irlandesi e gallesi appaiono spesso nomi di individui che testimoniano una loro discendenza dal plantigrado come Mathgen e Matugenos, «nato dall'orso» o «figlio dell'orsa», o Math mac Ma thonwy «<Orso figlio del Piccolo Orso»). Con la definizione «popoli dell'arsa» gli antichi scrittori latini identificavano le genti che vivevano al nord, «coloro che guardano verso l'arsa» (la costellazione dell'arsa Maggiore).
L'orso è quindi il simbolo della classe regale, del re eletto fra i membri della classe guerriera. Art significa «orso» e si fa derivare il nome di Artù (re per eccellenza, riconosciuto tale dal Cielo e dalla Terra grazie all'estrazione di Excalibur dalla roccia) da esso. Vi sono inoltre interessanti legami fra Artù e la costellazione di Arcturus, l'Orsa MaggIOre. Se nella tradizione celtica l'orso è simbolo della regalità, in quella mediterranea lo è il leone. Interessante è sapere che all' epoca di La Tène le costellazioni dell'Orsa e del Leone «scortavano» il sole nel suo viaggio attraverso il cielo il giorno di Lughnasadh, la «festa del re» del 1° agosto.
Abbiamo accennato alla contrapposizione dei due animali quali il cinghiale e l'orso come rappresentazioni della funzione sacerdotale il primo e di quella guerriera il secondo. L'orso è dunque l'emblema dei guerrieri (Artos, in lingua celtica comune; art, in irlandese; arth, in gallese; arzh, m bretone; artoris in antico britannico) e, come si è detto, il nome di Artù deriva da tale parola. È nota la contrapposizione che si venne a creare durante il periodo del regno di Artù fra i rappresentanti della nuova religione cristiana e gli antichi sacerdoti celtici e della presa di posizione del re che favorì i primi a discapito di questi ultimi, tanto che da quel momento il druidismo venne contrastato apertamente dal potere regale. Forse il famoso racconto mitologico gallese intitolato Kulhwc e Olwen, in cui viene narrata la caccia al cinghiale bianco Twrch Trwyth e ai suoi piccoli, durata nove giorni e nove notti, da parte di re Artù, esprime la lotta sostenuta dalla nobiltà dell' epoca contro il sacerdozio druidico.
Nel racconto irlandese intitolato Oidhe Chloinne Tuireann, la Morte dei figli di Tuireann, si assiste invece a un fatto opposto a quello prima descritto: qui non è più la classe sacerdotale simboleggiata dal cinghiale a devastare le terre del re, ma sono i guerrieri che uccidono il padre del dio Lugh celatosi sotto le sembianze di un cinghiale.
Sempre a proposito di Artù può interessare la notizia che le costellazioni dell'Orsa Maggiore e dell'Orsa Minore venivano designate dai Celti con il nome di Cerbyd Arthur, il carro di Artù.
Per quanto riguarda le rappresentazioni dell' orsa e della Dea a lei associata, e celebre la statua rinvenuta nel 1832 a Muri, nei pressi di Berna (il simbolo della città è appunto un orso, come lo è di Madrid, Biella, Berlino e altre), che porta nell'iscrizione sottostante il nome Artio. Una figura femminile, seduta tenendo in grembo un cesto di frutta, ha di fronte a sé un' enorme orsa che ha alle spalle un albero, forse un melo o una quercia, su cui poggia una delle zampe posteriori. Si sa inoltre dell' esistenza di una statuetta dedicata alla dea Andarta «Grande Orsa» o «Orsa Possente». ' Per quanto riguarda la religione cristiana, pare che tutti i santi che mostrano accanto a loro la figura di un orso abbiano subito una forte influenza celtica e fra di essi citiamo san Colombano, san Gallo (latinizzato dal gaelico san Cellach), sant'Ursino, san Sergio, san Corbiniano, san Biagio (la cui festa è nei giorni vicino al 10 febbraio, Imbolc, festa dedicata alla Dea), sant'Uberto e san Massimino di Trier97, senza parlare del famoso sant'Orso valdostano, la cui leggenda lo dichiara di origini irlandesi.


Regolo:
Il regolo, indicato anche come «scricciolo» nella tradizione celtica: m lingua gaelica viene generalmente chiamato con il nome di Druidh dhubh, così come in gallese, e questo sembra un chiaro riferimento alla classe druidica. Alcuni autori preferiscono però interpretare il nome di Druidh-dhubh come riferito al merlo.
Il regolo-corvo rappresenta la coppia druido-re e cinghiale-orso che sono l'uno il complemento dell'altro a un diverso livello, simboleggiando la dualità spirito-materia.
Il regolo viene così considerato il «druido degli uccelli» ed è il corrispondente della classe sacerdotale, mentre il corvo lo è di quella guerriera, come ben dimostra il suo simbolismo.
Il regolo nel calendario celtico degli alberi è associato al mese della quercia, importante pianta per la classe druidica. I Druidi utilizzavano la sequenza musicale del suo canto per mettere in pratica una particolare tecnica divinatoria e il regolo era soprannominato «Passero di Bran», associando in tal modo l'uccello con il dio della profezia.
Il regolo era protetto da un tabù che ne impediva la caccia, ma viene riportato che la sua uccisione rituale con rami di betulla veniva perpetrata nei giorni intorno a Natale, esattamente il 26 dicembre, per lasciare il posto allo spirito del nuovo anno simboleggiato dal pettirosso. Interessante è a questo proposito la leggenda di Robin Hood, il «Pettirosso del Bosco», citata da Robert Graves nel suo libro La Dea Bianca.
Il regolo compare nella storia che vede impegnato Gwyddyon ad aiutare suo nipote Llew Llaw Gyffes ad avere un nome e le armi dalla madre Arianrhod, rompendone il rifiuto con !'inganno. Il ragazzo colpì il regolo a una gamba fra il tendine e l'osso e la madre esclamò: «Il leone ha colpito con mano ferma!», che era il significato e il nome tanto atteso.


Salmone:

Il salmone nella cultura celtica è sinonimo di Saggezza e ogni volta che i racconti citano il termine pesce in genere si riferiscono al salmone.
In gallese e bretone il salmone è chiamato eog, mentre il gaelico utilizza sia il termine eo che orc, il cui significato si avvicina molto al nome del cinghiale. In effetti il salmone è il corrispettivo del cinghiale druidico ed entrambi gli animali simboleggiano la scienza sacra, la conoscenza divenuta saggezza.
Famoso, infatti, è il Pozzo di Connla, di cui abbiamo già parlato e dove nuotano cinque salmoni che si nutrono dei frutti dei Nove Noccioli della Saggezza, le cui carni sono in grado poi di trasmetterla agli uomini che se ne cibano, come accadde a Finn e a Gwyddyon. Il salmone è quindi simbolo di Conoscenza (la visione perfetta del passato e dell'avvenire), di Saggezza (l'utilizzo a fin di bene di tale conoscenza) e di Nutrimento Spirituale (la Vita e vitalità che scaturiscono dall'esercizio della Saggezza).
Tuan Mc Cairell diviene salmone di fiume quando giungono in Irlanda i Figli di Mil e in questa forma viene pescato e serve da cibo alla regina d'Irlanda, che resta così incinta e gli permette di rinascere in forma umana dopo che aveva passato diversi secoli come cervo, cinghiale e falco di mare. Qualcuno ha voluto vedere in queste successive trasformazioni una prova per la reincarnazione, per la pratica sciamanica, per testimoniare le diverse ere e popoli che si sono succeduti in Irlanda. Nella tradizione gallese è famoso il salmone di Llyn Llyw, la creatura più vecchia del mondo.
Nella tradizione irlandese i salmoni, le trote e le anguille vengono considerate gli spiriti guardiani del pozzi, dei laghi, dei torrenti e dei corsi d' acqua me.nerale. Il salmone è un importante simbolo spirituale per I Celti perchè e un pesce che lotta contro la corrente del fiume per raggiungere la sorgente e se non lo facesse con grande volontà impegno e costanza, verrebbe trascinato nuovamente nel mare. Il salmone rappresenta così guerriero spirituale, colui che con indomito coraggio e costanza risale le correnti della Vita per guadagnare la consapevolezza della divinità dentro di sé, la sorgente da cui proviene la saggezza.
Se non lottasse con grande volontà e impegno verrebbe ricacciato nell' ampio abbraccio dell' incoscio, dell'inconsapevolezza e dell'ignoranza.
Il simbolismo del salmone, naturalmente, veniva considerato dai Celti a tutti i livelli, sia fisico, come rappresentazione delle difficoltà dell'esistenza e degli ostacoli che si interpongono fra l'individuo e la realizzazione del suoi progetti, sia spirituale, come percorso interiore per raggiungere la consapevolezza e la realizzazione del proprio potenziale grazie all' espressione del sè.


Serpente :

Il serpente è strettamente connesso con l'energia sotterranea del pianeta: con la forza tellurica e con tutti gli elementi che la portano in superficie, soprattutto i corsi d'acqua. Ma esso non è solo legato alla terra e all' acqua, ma a tutti gli elementi, rispondendo così alle mitologie di numerose culture che ne fanno il Portatore di Vita.
Il serpente possiede la particolarità di appartenere alla terra e al cielo allo stesso tema attraverso l'acqua: fluisce come fiume sotterraneo, sgorga alla superficie come sorgente, risale verso il cielo come arcobaleno (il ponte che collega la terra al cielo, la Materia allo Spirito, formato da un gioco di evaporazione e luce solare), scorre infinito come Via Lattea e quindi ricade sulla terra come pioggia.
Il serpente diviene simbolo dell'aria e del fuoco quando è presente nella forma delle fiamme che danzano nel focolare e delle spire di fumo che si elevano sopra di esse, dei mulinelli di polvere formati dal soffiare del vento: del saettare dei fulmini durante i temporali. Infine il serpente e anche simbolo dell' etere, del quinto elemento che fa da legame per gli altri quattro: rendendosi veicolo per l'energia divina e spirituale che li permea di Vita permettendone la manifestazione fisica.
E'quindi un simbolo della Dea Madre Terra e della sua fecondità dell'abbondanza che dona a tutti gli abitanti del pianeta, vegetali, animali e uomini con grande generosità. Come ogni cosa, però, possiede anche un lato negativo e da donatrice di vita la Dea può trasformarsi in Colei che la toglie; 1'acqua può rovesciarsi come inondazione, il vento abbattersi come tempesta, il fuoco divenire fiume di lava, l'energia tellurica liberarsi come terremoto, la forza interiore, l'energia vitale umana che gli indù chiamano kundalini, può erompere dal centro energetico alla base della spina dorsale o vivificare o bruciare i centri energetici nervosi del corpo, come ben simboleggiato dalla figura di Cernunnos che stringe il serpente.
Il serpente è presente ovunque nella vita umana, fuori e dentro il corpo, fisicamente, psicologicamente, spiritualmente. Lo sperma che corre verso l'ovulo per dare origine a una nuova vita e la forma degli spermatozoi (tanto simili al serpente con la testa d'ariete...) sono i rappresentanti di questo animale; i nostri intestini vengono paragonati a un grande serpente e così il cordone ombelicale che ci nutre nel seno materno e ci accompagna nell' esistenza, primo vero iniziatore; il fluire delle emozioni, dei sentimenti e dei pensieri somigliano al sinuoso moto del serpente, così come il rapido scivolare delle correnti dei mondi spirituali riprende il suo movimento. Il ciclo dell' anno (il cui significato deriva da annulus, «anello») che regola le stagioni e la vita umana, viene paragonato a un cerchio formato da un serpente che si morde la coda, l'Ouroboros, simbolo d'infinito, di ciclo che si ripete in eterno sempre uguale a se stesso ma sempre diverso. A una stagione ne segue sempre un' altra e così ogni volta, ma nessuna sarà mai esattamente uguale a quella precedente.
Il serpente è associato a Bel-Belenos ed era sacro alla dea Brigit, il cui emblema era un serpente (pur non essendo ci serpenti in Irlanda, e non per la leggendaria cacciata compiuta da san Patrizio...), che sovrintendeva a una festa in cui, fra i Pitti di Scozia, veniva adorata una dea serpente con gambe e capelli serpentini. È l'animale del Mondo Sotterraneo, considerato un animale magico. I Druidi in Galles chiamavano loro stessi Nadredd, «serpenti», e sembra che al momento dell'iniziazione i Druidi gridassero «lo sono un Druido. lo sono un serpente», forse significando che l'iniziato si era ricongiunto con la memoria ancestrale (rappresentata dall'Ouroboros), aveva acquisito la conoscenza antica, era giunto a dissetarsi alle fonti della saggezza, di cui il serpente è simbolo. Inoltre era associato anche al dio Cernunnos, il Signore del Mondo Sotterraneo (dio sciamano) e degli animali. Le rappresentazioni del serpente valorizzavano il potere energetico dei torques celtici.
Secoli di cultura anti-serpentina, guidata dalla Chiesa cattolica che ha cercato di portare l'attenzione solo su un aspetto delle due polarità (che sono una benefica e solo una malefica, non l'unica!), non è riuscita fortunatamente a rimuovere dall'inconscio collettivo millenni di conoscenza e saggezza di migliaia di culture un po' più preparate dal punto di vista esoterico o, se non altro, meno ignoranti (l'ignorare di ignorare che fa chiudere in dogmi arroganti).


Serpente cornuto (o a Testa d' Ariete):

Il serpente con la testa d'ariete viene chiamato criocefalo e rappresenta l'associazione dell'essere strisciante donatore di vita e abbondanza con un altro animale simbolo di fecondità e vitalità. Si viene a creare così un nuovo essere che racchiude in sé il potere degli altri due, che viene così ampliato. Il serpente criocefalo ha una forma che ricorda l'organo sessuale maschile, simbolo di virilità (da vir «forza»), donatore di potere e di vita, e abbiamo visto come anche i minuscoli spermatozoi ne richiamino le sembianze.
Sulla placca del calderone di Gundestrup in cui appare Cernunnos, il serpente criocefalo è presente sia stretto nel pugno sinistro del dio che come guida della piccola figura sul delfino. Le corna di cervo sul capo di Cernunnos sono il segno del rinnovamento, del potere che cresce più forte di prima tramite la morte e la rinascita, così come fa il serpente quando muore e rinasce grazie alla muta della sua pelle. Come drago e protettore di tesori sotterranei, delle acque e delle caverne.


Tasso:
Il tasso è paragonato al simbolismo dell' orso, a cui assomiglia quando si alza sulle zampe posteriori. È un eccellente scavatore che dorme per sei mesi. Qualcuno ha voluto interpretarlo come simbolo di astuzia ribaldena, inganno e pigrizia a causa di una leggenda della mitologia gallese. Nel Mabinogion che narra di Pwyll del Dyyfed, viene citato il suo rivale Gwawl che, catturato, viene rinchiuso in un sacco magico e preso a bastonate in un gioco che viene detto «tasso ne] sacco», per punire i suoi misfatti e tentare di fargli uscire dal corpo tali cattive qualità.
Tuttavia preferisco sostenere anche la tesi che fa del tasso un animale coraggioso e tenace, simbolo di queste qualità e guida del Mondo del Sogno, come testimoniato sempre nelle leggende gallesi che riguardano Pwyll e il corteggiamento della dea Rhiannon. È un animale simbolico che aiuta l'individuo a battersi per i propri diritti e a portare avanti e vivere i propri ideali spirituali.

 

Toro:
Il toro è un animale primordiale che lo condivide il simbolismo della mucca. Sembra che quest' ultima rappresenti la sovranità e il controllo della cultura e della società da parte di un'organizzazione femminile in mano alle donne, mentre il toro simboleggia il potere maschile.
E infatti il toro gioca un ruolo centrale nel poema irlandese del Taìn Bò Cùailnge, un animale dotato di intelligenza e pensieri umani, sul cui sfondo si svolgono diverse imprese di eroi, re e guerrieri, tra cui Cù Chulainn. Nella tradizione guerriera un grande guerriero o un eroe viene modificato come <<il toro del combattimento» per segnalare la sua forza, la sua aggressività e il suo coraggio. Nella Canzone di Amergin il poeta recita. <<Io sono il toro dalle sette battaglie», testimoniando la forza che scaturisce da questo simbolo.
Il Toro è stato riportato dai Celti su numerose monete e sono famose le iscrizioni e raffigurazioni dedicate a Tarvos Trigaranus (il «Toro dalle tre Gru»), forse un antico Simbolo dei guerrieri. Il terzo corno indica che ci troviamo di fronte a una forza e a un potere accresciuti che nella tradizione gaellica vengono indicati dalla lon laith la «luna dell'eroe», una sorta di luminosità cremisi che compare dalla cima del cranio dell' eroe che ha raggiunto l'eccitazione guerriera, il <<furor guerriero» o «furor gallico».
I tetrarchi del Galati, popolazioni celtiche che si stabilirono in Asia Minore (Turchia) alla fine del II secolo a.c., portavano il titolo di Deiotaros, il «toro divino», che segnalava la loro carica di sovrani. Il toro è anche un simbolo della materia bruta ed energica che esprime hltta ]a sua potenza senza una vera e propria direzione, perché non ha ancora imparato a padroneggiare le proprie potenzialità grazie all'intervento dello spirito che lo aiuterà a sviluppare emozioni e pensieri, indirizzando tale forza verso la realizzazione di imprese e benefiche azioni.
È quindi un animale associato alla funzione della regalità, come ben dimostra il tarbh Jeis di cui si è già parlato, ma anche alla ricchezza e ai beni terreni ed è bene ricordare che era in bestiame che veniva corrisposto il «prezzo della sposa».
Il toro era un simbolo del dio Bel-Belenos, il solare padre di tutto ciò che esiste grazie alla sua potenza che rende feconda la terra tramite l'azione penetrante dei suoi raggi benefici. Passa così, assumendo un colore bianco (il toro Finnbenach della regina Medb del Connaught) invece che bruno (il toro dell'Ulster), da animale simbolo della terra a incarnazione del fuoco del cielo e il suo muggito inferocito evoca il rombo del tuono delle tempeste, divenendo compagno in tale significato del cervo, del cavallo e del cigno. È quindi simbolo dell' abbondanza e della ricchezza, oltre che rappresentante delle genti dedite all' allevamento e all'agricoltura (il toro è legato alla dea e assume un simbolismo lunare), piuttosto che alla caccia il cui emblema è il cervo.


Topo:
Il topo è un animale associato a Cernunnos e compare sul frontone di una rappresentazione in pietra dove il dio, una grande figura centrale: ha al lati Apollo e Mercuno e ai suoi piedi un toro e un cervo che si dissetano da una sacca da cui piovono grani o monete. È legato all' Altromondo, al regni sotterranei. Nel racconti di Manawyddan e Pryderi sotto le sembianze di un topo si nasconde la moglie del mago Llwyd, capace di cambiare forma a piacere.


Volpe:

La volpe è considerata uno dei veicoli dell' anima e vi sono diversi racconti che narrano dell'aiuto che ricevette un giovane principe in cerca di un talismano in grado di guarire il padre da parte di una volpe bianca, in realtà l'anima resa visibile di un defunto precedentemente assistito dal giovane.
In gaelico la parola per designare la volpe è 10m-n (sostituita talvolta da sinnah o madra rua, «cane rosso»), mentre in gallese è leuyrn e in bretone louarn (che ricorda il nome del principe celtico Luern).
Nella Taliesin's song of  His Origins il famoso Bardo assume le forme di una volpe per satirizzare, mostrando una penetrante arguzia, un'abilità e un'astuzia che evocano le capacità della volpe di mandare fuori strada coloro che la inseguono. La volpe è il simbolo anche dell'abilità di saper osservare i movimenti e i moventi alla base delle azioni altrui senza essere osservati.