***Organizzazione sociale***

L'organizzazione sociale celtica del continente ci è pressoché sconosciuta, mentre per quanto riguarda l'Irlanda possediamo notizie certe e ben dettagliate. In ogni caso è noto che per i Celti ogni aspetto legato alla società era diligentemente regolato da tutta una serie di norme che determinavano lo status di ciascuna persona, il suo «prezzo dell'onore», i diritti-doveri e il comportamento ed è quindi logico pensare che anche nel resto dell'Europa i costumi non dovessero differire molto da quelli irlandesi.
Per quanto riguarda l'Irlanda, appunto, sappiamo che la più piccola cellula sociale era il fine, la famiglia nel senso più ampio del termine, comprendente gli antenati, mitici o reali, e i discendenti, diretti e collaterali, come il clan scozzese che raggruppava talvolta alcune migliaia di persone. Oltre all'unità indistruttibile e basilare del fine, venivano riconosciuti solo legami personali di dipendenza, di vassallaggio o di alleanza con un personaggio potente. Vi erano diverse forma di fine che caratterizzavano la famiglia celtica.
La prima forma era il gelfine, costituito da un capofamiglia (A), con una o più mogli (anche se in Irlanda continuò a esistere un sistema semi-matriarcale in cui la donna poteva avere altri uomini che vivevano «nell'ombra» del marito legittimo), dai figli, dai loro figli e dai figli dei figli dei figli, tutti con le rispettive mogli. I matrimoni venivano contratti al di fuori del gelfine e per i nobili questi avvenivano al di fuori del tuàth, della tribù.
Vi era poi il derbfine, che comprendeva le persone di cui sopra ma aveva inizio dal padre del capofamiglia e riuniva quindi i fratelli di (A), le rispettive famiglie e i discendenti diretti.
Una ulteriore forma era lo iarfine, costituito dalle persone già citate e in più dal nonno di (A) e da tutti i fratelli del padre di (A) con le rispettive famiglie e discendenti diretti.
Infine vi era lo indfine, costituito da tutti i precedenti e dal bisnonno di (A) più tutti i fratelli del nonno di (A) e le rispettive famiglie e discendenti. Si può così comprendere la complessità di parentele che veniva a crearsi in un clan celtico e come erano in realtà formati i tuàth.
La comunità del gelfine costituiva perciò il cuore del tuàth, parola che equivaleva a «Popolo», «tribù», ma che ha acquistato il più ampio significato di «località», «regione» o «territorio». L'estensione di un territorio occupato da un tuàth era compreso in un raggio di circa 50 km che aveva come centro un luogo importante e considerato sacro e solitamente erano dei limiti naturali soprattutto fiumi, a determinarne i confini.
Per quanto riguarda la proprietà della terra, si sa che essa non apparteneva a un solo individuo, ma indistintamente a tutta la parentela, e persino un re non poteva disporre a suo piacimento delle proprie terre per offrirle in cambio di servigi prestatigli.
I tuàth non si possono quindi considerare dei veri e propri «stati», perchè non esisteva una pubblica amministrazione né un sistema giudiziario e inoltre un tale concetto era sconosciuto e aborrito dai Celti. Le parti contendenti si rimettevano al giudizio del parentado (e in casi specifici dei Druidi) che a sua volta era tenuto a osservare i diritti di ciascuno.

L'autorità del re non veniva messa in discussione se non dopo una privazione del rispetto nei suoi confronti come conseguenza di una perdita dell' onore (il che comportava spesso 1'aridità della terra, la mona del bestiame, la sconfitta in battaglia e varie altre disgrazie) o del rispetto, oppure dopo una sua sconfessione da parte dei Druidi, spesso sotto forma di satira feroce incentrata sui difetti del sovrano o sulla rottura dei geìs, i tabù rituali, cantati da un File (pl. Filid). Il re era 1'autorità suprema della società celtica, o sarebbe meglio dire il più alto rappresentante del popolo, pur tenendo in debito conto l'autorità che i Druidi esercitavano sul sovrano. In Irlanda, infatti, anticamente il re aveva diritto di parola durante le assemblee annuali solo dopo che il suo Druido aveva parlato e gli aveva concesso di intervenire.
E necessario a questo punto fare una precisazione. Non è esatto attribuire al sistema sociale celtico una stretta divisione in caste o classi sociali, ma tale modo di procedere ci è utile per poter comprendere un fenomeno tanto lontano nel tempo e distante come tipo di mentalità applicata alla società. D'altronde i concetti di classe sociale o casta fanno ormai parte integrante del nostro sistema di pensiero ed è su di essi che baseremo alcune affermazioni, anche se il sistema sociale celtico non era organizzato secondo le nostre abituali concezioni della vita. Per penetrare una realtà tanto diversa dalla nostra dobbiamo tentare di ristrutturare il nostro abituale modo di pensare e iniziare a immaginare come potesse vivere una società che vedeva in ogni espressione della natura dell'attività umana un riflesso del Mondo Spirituale, in cui Spirito e Materia si compenetravano e intrecciavano, nel quale Sacro e Profano non si distinguevano tanto nettamente e uomini e dèi erano a stretto contatto in ogni loro azione.
Presso i Celti, quindi, non esistevano classi sociali rigide con limiti invalicabili e il rispetto per l'individuo andava al di là della propria condizione. È durante i tempi della decadenza celtica, quelli che conobbero il dominio di Roma, che essi adottarono sistemi più rigidi: un dominio aristocratico, l'elezione del re per discendenza, la perdita di importanza da parte degli artigiani, quella di autorità da parte dei Druidi.
L'analisi che viene compiuta in questo paragrafo cerca soprattutto di restituire un sistema sociale dei tempi dello splendore celtico, quando esso non era ancora stato influenzato da apporti esterni, anche se, naturalmente, non sempre sarà possibile. Ricordiamo inoltre che le classi prese come esempio sono quelle celtico-irlandesi.
Gli uomini liberi di qualunque classe sociale erano chiamati aire (pl. airig, dall'indo-iranico arya), cioè tutti coloro che partecipavano all'elezione del re e che si distinguevano a loro volta in due grandi classi: i nobili (flaith), che nella tradizione celtica più antica erano identificati con la classe guerriera, e più precisamente con i cavalieri, e gli allevatori (bò-aire, letteralmente «uomini che possiedono il bestiame»).
Ogni uomo libero aveva un suo «prezzo onorifico» (1òg n-enech o enechlann) che equivaleva al suo valore nella comunità, il suo «peso sociale». Questa valutazione dipendeva direttamente dalla sua effettiva ricchezza e più egli possedeva più poteva aumentare il proprio valore sociale e quindi passare da un rango a un altro o, se la ricchezza diminuiva, scadere in una classe inferiore."Questo costume ha forse dato origine alla consuetudine della presa degli ostaggi come una sorta di assicurazione «vivente».
Gli uomini liberi godevano dei loro particolari diritti solo finché si trovavano all'interno dei confini del tuàth, mentre solo i Druidi potevano viaggiare liberamente in ogni territorio.
Fra questi e i popolani liberi si situava quella classe formata dalle persone dotate di particolari «doni» o capacità, gli aes dana o «uomini d'arte», artigiani esperti di oggetti, parole e pensieri, fabbri ferrai e artisti del bronzo, legali e genealogisti, poeti e musicisti. Se si considerano alcuni di questi «mestieri» si può notare, come vedremo in seguito in modo più dettagliato, che essi erano specializzazioni che caratterizzavano chi frequentava una scuola druidica (anche se non è esatto porre in questi termini il tipo di preparazione per contraddistinguere l'insegnamento druidico e il modo in cui veniva impartito) e spesso erano qualità che gli stessi Druidi possedevano ed esercitavano. Infatti, spesso questi aes dana, gli «uomini dalle doti speciali», erano gli stessi Druidi che, essendo una classe sacra, potevano viaggiare liberamente da una tribù all'altra senza restrizioni.

Le classi. sociali seguenti erano quella degli òcaire «<piccoli allevatori») e quindi quella dei gràd fine, costituita dagli uomini liberi che coltivavano la terra e pagavano al re, o a un nobile, un tributo sotto forma di alimenti. L'uomo libero era normalmente definito un céle, un cliente, dato che era legato con un vincolo di clientela a un nobile, il quale gli concedeva del bestiame in cambio di un tributo in provviste e lavoro, e inoltre gli garantiva protezione contro le prepotenze dei vicini.
Dopo la classe dei gràd fine esisteva la categoria dei senchléithe «<servi ereditari»), formata ancora da uomini semi-liberi, vincolati cioè solamente da un obbligo di servizio ma che disponevano della libertà di movimento. Seguiva poi una casta, se così si può chiamarla dato che era formata da pochi individui perlopiù prigionieri di guerra, detta degli schiavi (mug maschi.; cumal femmine;) che non costituiva un elemento numeroso della popolazione.
Si ha quindi la tripartizione indoeuropea della società con i sacerdoti (Filid, druidi), 1 guerrieri (flaith, cavalieri) e gli agricoltori (aithech), che anche Cesare ha identificato suddividendo i Celti di Gallia in druides, equites e plebs.
Un altro importe momento nella vita sociale dei Celti era quello del banchetto, le riunioni rituali o semplicemente amichevoli che si svolgevano sempre con determinati canoni di comportamento e precise regole, prima fra queste la disposizione dei partecipanti all'interno della sala. Al centro si sedevano il re, i Druidi e i guerrieri; alla periferia dell' assemblea prendeva posto la gente comune e infine all'esterno i giovani maschi e femmine, considerati troppo rumorosi!
La qualità del cibo.servito a ognuno era proporzionale al suo grado all' interno della società: frutti scelti, carne di bue e di maiale e del prosciutto per i Re e i Druidi;  carne rossa allo spiedo, cervogia, birra nuova e latticello per i guerrieri; teste, zampe e parti minori del bestiame per la gente comune; carne di vitello, di montone e di maiale per i giovani. Anche le persone addette al servizio dei partecipanti al banchetto variavano a seconda del rango: servitori maschi e femmine per re e Druidi; menestrelli e buffoni per i guerrieri; cocchieri, menestrelli e custodi delle porte per la gente comune; mercenari e servitrici libere per i giovani.