***La figura regale nella funzione guerriera celtica***

Prima di affrontare il discorso sull'importante funzione che rivestiva e manifestava la figura regale all'interno della società celtica, è indispensabile portare l'attenzione su quale fosse effettivamente il concetto di stato o patria per i Celti. Essi, infatti, non davano alcun significato al termine stato, né si ebbe mai una nazione celtica e questa affermazione è ancora più evidente nelle parole di Publio Cornelio Tacito (57-117 d.C.), che parlando dei Celti disse: «Combatterono disuniti e li unì la sorte della sconfitta. Se fossero stati inseparabili, sarebbero stati insuperabili». Unica eccezione furono le confederazioni tribali che sconfissero diversi eserciti romani in Gallia Cisalpina (Italia) nei secoli di poco precedenti alla nascita di Cristo e quella alleanza di tribù che Vercingetorige, capo degli Arveni faticosamente riuscì a raccogliere, seppur troppo tardi, per contrastare l'avanzata di Cesare in Gallia.
Se, per via di testi e teorie di vari autori, qualcuno può essere stato indotto a pensare all'Europa celtica come a un grande territorio sotto il dominio di un solo re o imperatore, con un capillare sistema politico, burocratico e fiscale, sta certamente immaginando un concetto di impero che solo i Romani propagarono nel nostro continente e di cui si fecero portavoce i vari sovrani europei nel corso dei secoli. I Celti non possedevano neppure un termine con il significato di stato né uno per identificare la patria. È indubbio che vi fu una certa «unione» celtica per quanto riguarda caratteristiche linguistiche, religiose o artistiche ma mai si manifestò l''ideale di una nazione celtica .
È molto importante avere ben chiaro il discorso sul concetto di «stato» presso i Celti prima di poter affrontare serenamente e con la giusta comprensione il discorso legato al sovrano celtico. Questo perché la sovranità presso i Celti era più legata a un potere spirituale che temporale. Il re, infatti, non era colui che riuniva nelle proprie mani i poteri, le ricchezze, i destini e le vite del proprio territorio e del proprio popolo, ma piuttosto veniva considerato come una figura necessaria all'interno della manifestazione divina sulla terra. Egli era la figura che doveva rappresentare la comunità nelle decisioni importanti e che fungeva da tramite d'unione fra il mondo terreno e quello divino.
Presso le tribù celtiche la guida del popolo non era prerogativa di una sola famiglia e il sovrano veniva generalmente scelto fra i membri della classe guerriera, eletto a maggioranza sotto il consiglio e il diretto controllo dei Druidi. Solo durante il periodo di decadenza, quello che vide la sottomissione dei territori occupati dai Celti al dominio di Roma, le famiglie nobili presero il sopravvento sulla tradizione e ci furono diverse aberrazioni dei principi che fino ad allora avevano retto un equilibrato sistema sociale. Nacque il concetto di sovranità ereditaria (e quindi i capi non vennero più scelti per acclamazione ed elezione ma per un misterioso e inconsistente «diritto acquisito») e il possesso della terra non fu più prerogativa delle tribù ma dei nobili.
L'archetipo del sovrano celtico, che come ogni aspetto della società si rifaceva a modelli divini rappresentati da dèi con ben determinate caratteristiche, era infatti quello che la civiltà occidentale ritrovò tra il XVI e il XIX secolo presso le tribù degli Indiani d'America, dove il capo era colui che si faceva espressione terrena dell'abbondanza della Natura e dell' armonia del Cielo e che quindi distribuiva con generosità, e senza chiedere nulla in cambio, molto di ciò che possedeva.
Durante il regno di  un buon re la terra dava frutti abbondanti, gli animali erano fecondi, la giustizia benigna, la vittoria militare costante, gli uomini felici, in modo che la vita della comunità risultava in armonia con il Creato. Quando un re non adatto o addirittura un usurpatore prendeva il potere, la terra diventava sterile, gli animali si rifiutavamo di procreare, si manifestavano pestilenze, vi erano distruttive cadute di fulmini, la disfatta militare era frequente, la giustizia risultava iniqua, le tasse imposte erano alte e il sovrano non rendeva nulla in contropartita ai propri sudditi. Generalmente un re di tale sorta veniva ucciso dal nemico o annegato nella birra o nell'idromele dal proprio popolo, oppure veniva bruciato vivo nell'incendio della sua casa dopo la sconfessione da parte di un File, un Druido poeta. A volte il sovrano veniva «spedito» nell' Altromondo per chiedere agli dèi abbondanza di frutti e armenti in un periodo di carestia e la morte rituale diveniva così una delle funzioni, non rifiutate, del re.

Come si può ben immaginare, il potere dei sovrani celtici era fragile e la figura regale cambiava spesso. Il suo prestigio era basato sull'abbondanza della terra e del popolo e questa abbondanza a sua volta era mantenuta sulla base della devozione e della fedeltà, oltre che sull'amicizia, che gli accordavano i suoi clientes e che egli manteneva grazie alla propria dignità e potenza. A differenza dei sovrani egizi, egli non esercitava alcun potere religioso che era invece riservato ai Druidi.
Anche se la scelta di un re a:vveniva grazie all' elezione decisa dai guerrieri suoi pari, un re diveniva tale quando i Druidi ne riconoscevano l'.autorità: Dopo aver fatto questo, il Druido era tenuto a esaudire qualsiasi richiesta del re, anche se non l'approvava, tranne che si trattasse di un desiderio iniquo. Un esempio di questo rapporto Druido-Re può essere compreso facendo riferimento alla storia di Merlino e Uther Pendragon o Artù.
Un elemento interessante da osservare è che i nomi dei paesi e delle regioni, sia nella lingua celtica che in molte,di\quelle moderne (che ne sono poi la derivazione), sono di genere femminile, mentre quelli dei popoli sono maschili.
A questo riguardo possiamo citare il costume del matrimonio fra il re e la terra al momento dell' elezione del sovrano. Tale consuetudine è testimoniata per l'Irlanda fino al 1310, registrata negli Annales, quandol'insediamento di  Fedlimid O Conchobair (Felim O'Connor) fu sancito dal suo sposalizio con la provincia di Connacht. La sovranità presso i Celti d'Irlanda (perché ne abbiamo i documenti che ne testimoniano la realtà, cosa che manca riguardo i Celti continentali) era anticamente identificata con una vecchia che il re doveva sposare per garantire la prosperità del suo regno. Una volta ricevuto un bacio, memm in gaelico (atto preliminare al rapporto sessuale), dal futuro re si sarebbe trasformata in una giovane fanciulla e avrebbe convissuto con il sovrano.
La leggendaria regina Medb, il cui nome significa «ebbrezza», fu in Irlanda la personificazione della sovranità e si dice che sia andata in sposa per nove volte ai legittimi re di quella terra. Solo chi si univa a lei poteva essere riconosciuto come sovrano. Del re Cormac si diceva infatti: «nocor fai Medb lasin mac / niba ri Érenn Cormac» «<finché Medb non dormì con lui, Cormac non fu re d'Irlanda»).
Il re, come già abbiamo detto, era il supremo rappresentante del tuàth e in tempi più recenti si manifestarono vari gradi di sovranità che determinavano un'obbedienza e un obbligo di lealtà e servigi dei capi dei tuàth (ri tuaithe, «re del popolo») verso quelli di maggior importanza (ruiri «grande re»), e questi ai re delle province (ri còicid)Sembra che questo sia il grado di re più elevato riconosciuto in Irlanda e infatti prende anche il nome di ruirech «<re dei grandi re»), ollam righ «<capo dei re») ori bunaid cach cinn (<<l'ultimo re di ogni individuo»). Sembra poi spiccare un'ultima figura di sovrano, quella del supremo re d'Irlanda che prendeva il nome di ri Erenn «<re d'Irlanda»)"·, o anche di Ard ri «<re supremo»), anticipando in questo modo il sistema feudale medievale che ben conosciamo.
Il re era il sovrano del suo popolo in tempo di pace e il capo militare in caso di guerra, anche se spesso non scendeva direttamente in battaglia. Presiedeva all' assemblea annuale che si teneva in un cimitero sacro (presso i Celti, come per i Nativi Americani, la comunità era formata sia dai vivi sia dagli antenati e dai discendenti) durante la quale si occupava di risolvere le controversie legali, ma egli non era al di sopra della legge. Esisteva infatti un giudice speciale (brithem righ) che aveva il compito di risolvere i casi in cui erano implicati i diritti del re 80. Un re tuttavia restava tale, come abbiamo detto, finché conservava il rispetto del proprio popolo e l'appoggio di tutti i guerrieri, oltre che, naturalmente, dei Druidi.
A differenza di altre organizzazioni sociali, contemporanee o successive, lo stato celtico era basato sulla fedeltà a un uomo, a una famiglia, a un clan e non a una nozione astratta e lontana dalla realtà di tutti i giorni.
Ci si può rendere ben conto di come un re avesse bisogno di mantenere un buon grado di rispetto e di popolarità tramite le sue azioni tra un gruppo ristretto di uomini. La guerra celtica, se così vogliamo definirla, non era infatti costituita quasi mai da grandi scontri condotti da molte tribù unite contro popoli stranieri, da lotte per il possesso di nuovi territori, ma si trattava piuttosto di conflitti tra piccole bande di guerrieri che compivano razzie ai danni di gruppi vicini, che inseguivano i predatori dei loro beni o ne prevenivano le scorribande, basando ogni loro azione sull'accrescimento dell'onore personale.
Agli scontri, poi, partecipava tutto il popolo e al seguito dei guerrieri si spostavano fin sui campi di battaglia i vecchi, i bambini e le donne, dove queste ultime spesso non esitavano a dar manforte ai loro uomini.
Quando l'esito dello scontro, soprattutto contro i romani, era a loro sfavore, pur di non veder cadere le famiglie in mano nemica, i Celti preferivano uccidere i propri cari. Gli antichi autori giustificano tale usanza come un sommo disprezzo per la schiavitù, ma si potrebbe aggiungere che lo facevano per un sommo amore per la libertà