***L'elemento
religioso celtico***
I popoli della Terra hanno sempre dedicato una parte del loro tempo delle loro,
energie e delle loro culture all' elemento religioso, alla ricerca della
componente divina che si manifestava nella natura. La percezione che l'uomo
aveva in se stesso come appartenente a questa natura e il fatto che se ne
sentisse partecipe, lo ha probabilmente portato a volerla conoscere più a
fondo, magari ponendosi in sintonia con essa mediante l'elaborazione di un
sistema di adorazione e di rituali e attraverso una condotta in armonia con
l'elemento misterioso che gli stava di fronte, forse anche per ingraziarsene i
favori. Ecco che la componente religiosa diventa uno dei fattori più importanti
della società (sopratutto per quei popoli definiti animisti), a cui è
strettamente legata e che influenza in modo sensibile.
I Celti elaborano un sistema religioso molto articolato, con centinaia di Dei e
Dee, con pratiche culturali precise anche se non affidate codificate alla
scrittura, ma nonostante questo pantheon ricco (che ce li potrebbe far
considerare politeisti) essi si possono annoverare fra quei popoli animisti di
cui parlavamo perché vedevano nelle differenti forme della natura l'espressione
del divino. Si comprende così il perché di centinaia di personificazioni della
divinità che, così insegnavano i Druidi, era unica, ma manifestantesi sotto
innumerevoli sembianze.
Esaminare la religione celtica diviene quindi un passaggio necessario per
comprendere la vita, l'arte, la società, la cultura in generale e, forse, grazie
a una possibile intuizione, avvicinare la mentalità dei Celti.
I primi lavori riguardanti la tradizione religiosa celtica, come quelli di Henry
d'Arbois de Jubainville o di Hemi Hubert, redatti tra la fine del XIX e i primi
anni del XX secolo, non tenevano affatto conto dell'elemento metafisico e
filosofico della stessa, limitandosi a esporre dei fatti e trattando questo
argomento come uno degli aspetti della civiltà celtica e non come l'elemento
determinante della stessa. I lavori successivi, soprattutto quelli di Georges
Dumézil, hanno fortunatamente restituito all'espressione religiosa indoeuropea,
e celtica in particolare, la sua giusta dimensione e importanza.
Lo studioso H. Bergson era convinto che la società creasse la religione in
funzione di se stessa, ma oggi si è più propensi a ritenere che sia la religione
a determinare una società con una particolare tipologia organizzativa,
Naturalmente una visione che tiene conto di queste due posizioni è quella che
maggiormente si avvicina alla realtà delle cose...
In ogni caso, almeno per quanto riguarda la tradizione celtica presa some
fondamento della Vita stessa (planetaria, minerale, yegetale, divina, animale o
umana) sia in grado di strutturare la società secondo i propri canoni e valori.
Questo modo di procedere nello studio e assolutamente giustificato dal fatto che
i Druidi fossero la classe di persone più importante della società (il re
parlava nelle assemblee solo dopo il Druido e se quest'ultimo gliene accordava
il diritto) e plasmarono l'organizzazione sociale a immagine della società
divina/spirituale di cui essi, ma anche ogni altro individuo, ne erano
rappresentanti terreni.
La tradizione religiosa celtica non si può definire una filosofia, almeno non
nel senso occidentale del termine derivato dalla concezione greca perchè
non .esiste una filosofia celtica. Essa è un sistema di pensiero
non-aristotelico, una forma di speculazione non basata sulla logica greca e che
diventa comprensibile per noi, eredi e fruitori di una mentalità logica, nella
misura in cui siamo capaci di decifrare e interpretare i simboli sui quali essa
è fondata.
Numerosi studi comparativi compiuti con i sistemi religiosi indoeuropei, e
indiano-asiatici in particolare, ci hanno dato modo di avvicinare maggiormente
la tradizione celtica senza falsarne i contenuti. Il più significativo risultato
ottenuto è stato quello di scoprire per la religione celtica l'assenza di dogmi,
di una verità rivelata, concetto introdotto successivamente in occidente
dal Cristianesimo, ma piuttosto di un insieme di scienze e e rituali messi
insieme dalla ricerca e dall'investigazione continua sulla natura dell'uomo e
dell'universo.
La via seguita per accedere alla religione celtica, mancando di testi scritti a
causa della predilezione druidica per l'insegnamento orale (e alla persecutoria
distruzione di ogni espressione pagana da parte della chiesa cristiana
medioevale e successiva), è quella attraverso i miti e le storie tramandate
soprattutto dalla tradizione letteraria irlandese religiosa e profana. La
scrittura era presa in considerazione dai Celti solo per la sua funzione magica
e nessun insegnamento le veniva affidato, perché esso doveva rimanere vivo, e
pertanto il mezzo di trasmissione utilizzato era quello verbale. La loro
tradizione religiosa, la mitologia, le saghe degli eroi, le genealogie delle
stirpi guerriere e dei re erano tutte basate sulla memoria e sulla voce,
cosicché quando i monaci irlandesi cominciarono a trascrivere ciò che ci è
pervenuto (alcuni di loro erano Filid, poeti-druidi convertiti al
Cristianesimo e perciò non più sottoposti all'interdizione dell'uso della
scrittura), la tradizione celtica era già morta o in lenta agonia.
Il corpus delle credenze religiose celtiche è rimasto probabilmente
invariato nel corso dei secoli, almeno rispetto al nucleo fondamentale, questo
perché, come tutte le religioni, quando si è evoluto o cambiato lo ha fatto
trasformandosi in qualcosa di nuovo, o scomparendo del tutto, lasciando il posto
alla religione e alla mitologia romana o alla dottrina cristiana. Non sono da
dimenticare le persecuzioni di Cesare e di successi imperatori contro i Druidi e
le vicende che opposero predicatori cristiani ai sacri della tradizione celtica.
Attraverso i testi irlandesi abbiamo quindi la splendida opportunità di
conoscere i fondamenti della religione celtica anche se questa era già
scomparsa, o in via d'estinzione, nel momento in cui tali scritti vennero
redatti. Il fatto di poter usufruire di una fortuna del genere, tuttavia, non ci
permette di penetrare la mentalità e la tradizione celtica in modo completo e
profondo, scevro soprattutto da pregiudizi: essa sovente rimane un insieme
oscuro formato da numerosi miti che si muovono in un illogico universo
soprannaturale e fantastico. Nonostante questo, il mito è una spiegazione
coerente e veritiera di una conoscenza, o di un avvenimento storico, spesso
celato sotto coltri di simboli che solo se compresi e sciolti, come sigilli
posti su «stanze di tesori», possono rivelarci insegnamenti attuali anche a
distanza di millenni. L'importante è «non disprezzare l'uva perché non si riesce
a raggiungerla» e non cessare di tentare di dispiegare quei simboli che
risultano essere le chiavi per penetrare un universo ricco di saperi dimenticati
(si descriverà più avanti l'importanza pedagogica e iniziatica del racconto e
del mito). La difficoltà in cui si sono imbattuti gli studiosi e che ancora si
incontra nell' avvicinare la tradizione religiosa celtica è soprattutto la sua
indecifrabilità per mancanza di fonti. Abbiamo poche statue, centinaia di
soprannomi oscuri di divinità e nessun testo che descriva dottrina o rituali. Si
è pertanto creduto che la religione celtica non fosse che un semplice credo
votato all'adorazione delle forze della natura (vento, fuoco, acqua, terra,
sole, stagioni, tempeste, energie sessuali ecc.) insieme a una pratica totemica
che, secondo gli studiosi, è provata dall'esistenza di moltissimi animali legati
al pantheon celtico e di altrettante personificazioni e unioni dei loro dèi con
animali. Secondo i fautori di questa visione del druidismo, una tale forma di
espressione religiosa non aveva bisogno di alcun sistema filosofico o
dottrinale, limitandosi a una primitiva somma di superstizioni popolari unite a
qualche amuleto o feticcio per ingraziarsi la fortuna e scacciare le cattive
influenze. I Druidi, perciò, non erano che semplici sciamani, stregoni o maghi e
non una classe sacerdotale strutturata.
Una religione concepita in questo modo soddisfa il nostro materialismo mentale e
la nostra comprensione logica delle cose, ma tradisce una certa superficialità,
oltre che un'arroganza intellettuale che, per mancanza di indizi o per una
cattiva interpretazione degli stessi, preferisce relegare nella primitività una
forma religiosa che non è in grado di comprendere. D'altronde è evidente che
un'umanità come quella odierna, che ha lasciato inaridire la sorgente che
permetteva allo spirito di sgorgare nella propria vita individuale e
manifestarsi nel mondo non possa dare altra interpretazione che questa sterile
parvenza di intelligenza.
Una tale idea della tradizione religiosa dei Celti è accettabile da molti
studiosi perché ben si adatta alle scoperte archeologiche o alle teorie
linguistiche ed etnologiche, a volte poco precise perché basate su abitudini
dottrinali già consolidate, verificate in modo incompleto e raramente messe in
discussione. In realtà questa visione della religiosità e spiritualità celtica
si adatta ai reperti archeologici solo perché anche tali ritrovamenti vengono
interpretati in un certo modo, piuttosto che in un altro.
Altrettanto nefasto e maldestro è stato il tentativo di qualcuno (come in alcune
parti del libro di Jan de Vries, I Celti - Etnia, religiosità, visione del
mondo) che, volendo designare per la religione celtica un certo grado di
organizzazione e quindi di civiltà, l'ha erroneamente equiparata a quella greca
o romana, con le quali ha poco da spartire. Grazie pero al testi irlandesi
citati, alle famose Triadi Bardiche e ai seri lavori di alcuni studiosi
di storia delle religioni, possiamo oggi accedere e decifrare molti aspetti
fondamentali della religione celtica, sia per quanto riguarda la dottrina, sia
rispetto al significato del culto e della concezione divina.
Prima di esporre le flebili tracce della filosofia religiosa celtica contenute m
documenti, leggende e tradizioni orali, che chiameremo «insegnamento druidico»,
è però necessario cercare di restituire al lettore moderno la figura dei Druidi.
La società celtica, infatti, fu l'espressione terrena di una realtà spirituale
conosciuta e soprattutto sperimentata dalla classe druidica. La mentalità
celtica, tanto differente dalla nostra, era permeata di magico e divino, non
come espressione primitiva o selvaggia di popoli dalle poche conoscenze, ma come
manifestazione della realtà spirituale legata a quella terrena.
Perché, dobbiamo chiederci, molte delle conoscenze druidiche sull'universo
vengono oggi confermate dai moderni scienziati e lo stesso avviene per le
proprietà della materia? Come degli uomini semplici e magari un pò
«sempliciotti» nelle loro descrizioni del mondo e dell'universo potevano
avvicinare l'intima natura dell'ambiente che li circondava senza essere dotati
di apparecchiature e strumenti che oggi sembrano indispensabili per la
conoscenza e la ricerca?
Questo sapere veniva insegnato nelle radure delle allora vaste foreste europee,
sussurrato negli incontri druidici alla luce dei fuochi e coperto dalle note di
canti e musica, narrato fra le pieghe di intrecciati racconti e miti, intuito
durante le cerimonie rituali e le feste del fuoco infrannuali .Ma sopratutto
avveniva spesso tramite i giochi, le battaglie,l'organizzazione sociale, le
poesie, le forme artistiche di pietre e metalli, i matrimoni e ogni fenomeno che
permetteva al mondo del Sidhe, il mondo spirituale, di manifestarsi sulla
terra degli uomini.