***Agricoltura e allevamento: base dell'
economia celtica***
I due fondamenti su cui si basava l'economia presso i Celti erano l'allevamento
e l'agricoltura, con la caccia che serviva più come passatempo e prova di
coraggio per i giovani e i guerrieri che come vera integrazione del regime
alimentare. L'allevamento, soprattutto in Irlanda, era. il principale metro per
determinare la ricchezza e quindi lo status sociale della famiglia e
dell'individuo.
I principali animali allevati dai Celti erano maiali, mucche, pecore e cavalli
.oltre che lepri, galline e oche che pare non entrassero a far parte del regime
alimentare. tabù rituale imposto sugli esseri dotati di ali può far
pensare a un legame con la mentalità animista e sciamanica riscontra bile in
altre parti del mondo e presso culture anche distanti fra loro.. Gli uccelli
infatti sono gli esseri che per eccellenza fungono da ambasciatori fra la sfera
umana e quella divina, collegando il mondo terreno con quello celeste; inoltre,
in molte leggende celtiche gli dèi e soprattutto le dee assumo sembianze di
uccelli per mostrarsi agli uomini.
Il Sito archeologico di Danebury in Inghilterra, con i ritrova menti di ossa di
svariati animali, ha posto in evidenza che in epoca celtica la dieta era
costituita principalmente da carne proveniente dalla macellazione di bovini
(oltre il 60%), seguiti da carne di ovini (poco più del 23%) e di suini (circa
il 10-15%) con una percentuale minima di altri animali, probabilmente
cacciagione .
L'allevamento delle pecore era importante sia per i latticini sia per la
produzione di lana con cui i Celti intessevano soprattutto i loro mantelli e le
corte tuniche, oltre alle famose bracae, e in parte anche in quanto animale da
macello. Tuttavia, come molti lettori hanno imparato leggendo le avventure di
Asterix e dei suoi compagni, personificazione delle tribù celtiche all' epoca
della conquista romana, negli albi a fumetti dei francesi Goscinny e Uderzo, i
Celti amavano la carne di maiale, molto più piccolo delle varietà attuali, e di
cinghiale e i loro banchetti non potevano dirsi completi se mancavano le carni
di questi due animali .
La carne essiccata e salata, veniva conservata per i periodi in cui c'era
scarsità di cibo, ma anche esportata presso i popoli vicini, facendola giungere
addirittura fino a Roma. Al momento della cottura essa veniva posta dentro buche
scavate (le fulacht fiadha) nel terreno e riempite d'acqua nelle quali si
immergevano alcune pietre arroventate che potevano portare all' ebollizione nel
giro di mezz' ora circa 450 litri d'acqua. Altri metodi di cottura erano
normalmente quelli sugli spiedi e nei grandi calderoni appesi a robuste catene
sopra il focolare delle capanne".
Le tribù che abitavano sulle coste praticavano la pesca
con amo e rete 45 integrandola con la raccolta di alghe e molluschi con cui
preparavano una pietanza molto nutriente cotta nel latte chiamata carrigeen.
Altri animali allevati dai Celti, non per fini alimentari, erano i cavalli, di
un tipo più piccolo di quelli a cui siamo abituati oggi, tanto da poter essere
paragonati quasi ai nostri ponies. I cavalli venivano utilizzati dai guerrieri
soprattutto come cavalcatura, ma anche come animali da traino per i carri da
combattimento, mentre per i carri da trasporto si preferivano i buoi. Importanti
erano le gare che si svolgevano in geme durante i festeggiamenti legati a
Lughnasadh, intorno alla prima luna di agosto.
I cani presenti in diverse razze presso i Celti, ricoprivano un importante
ruolo, sia come cani da battaglia, sia come cani da guardia, da compagnia e
soprattutto da caccia. Ma il cane aveva anche un destino particolare nella
società celtica: irlfatti gli archeologi hanno trovato numerose carcasse di cani
macellati non tanto per le loro carni, quanto per la loro pelle che veniva
certamente utilizzata per fabbricare indumenti.
Gli autori antichi ci hanno testimoniato l'amore dei Celti per le bevande
«forti», sia la birra che il vino, e il dato risulta ancor più interessante se
si pensa che furono proprio i Celti ad aver inventato la botte in legno per lo
stoccaggio la conservazione delle bevande. La birra, detta zythos, era la
bevanda più utilizzata dai Celti perché ricavata dalla fermentazione dell'orzo
che cresceva abbondante nelle campagne dell'Europa celtica, mentre il vino,
prodotto del bacino del Mediterraneo, veniva considerato una bevanda di lusso
particolarmente apprezzata, e acquistato soprattutto a partire dal VI secolo
a.c. dai mercanti greci. Altra bevanda prediletta dai Celti era l'idromele,
frutto della fermentazione di acqua di fonte con il miele delle api selvatiche
48, o, in tempi più recenti, soprattutto in Irlanda, con quello di api allevate
in apposite zone del territorio. In Gallia era molto utilizzata anche una
bevanda detta korma (in gaelico cuirm ), probabilmente un
fermentato di grano, latte e bacche di sorbo.
Durante i pasti si sedevano su fieno o pelli sparse a terra o sul pavimento
della capanna, si ponevano in circolo di fronte a tavoli bassi su cui erano
posti i cibi, soprattutto carne e pane e le bevande.
L'agricoltura era l'altro dei due fondamenti su cui si basava l'economia celtica
e offriva alla popolazione molti degli alimenti di cui si nutriva. Si
coltivavano ogni sorta di granaglie: frumento, orzo, segala e avena (coirce
in gaelico). In Irlanda fu l'avena a essere preferita ad altre coltivazioni,
soprattutto per gli alimenti che si potevano ottenere come il porridge,
il pane e la birra. Il grano era conservato in speciali otri o siloi
interrati e collocati all'interno delle case o nell'ambito del villaggio o delle
fattorie. Venivano coltivate anche rape gialle e bianche, lino, canapa: cipolle,
piselli, lenticchie, aglio, sedani, questi ultimi particolarmente importanti per
l''uso medicinale che se ne faceva. Alcune piante, oggi selvatiche, formano e
integravano il fabbisogno di vitamine, proteine e carboidrati e forse oltre a
essere raccolte, venivano anche coltivate, come la Vicia Sativa la
«Veccia», Chenopodium bonus-henricus lo «Spinacio selvatico», Camelina
sativa la «Camelina».
Gli insediamenti rurali erano spesso delle piccole comunità formate da alcune
famiglie imparentate fra loro che avevano intorno dai cinquanta ai cento
chilometri quadrati di territorio, coltivato in piccola parte e il resto
lasciato a bosco per la legna e la caccia e a pascolo per il bestiame.
L'estensione dei campi celtici, di forma rettangolare, non superava quasi mai le
quindici are che corrispondevano alla superficie che poteva essere rivoltata con
l'aratro in una giornata di lavoro. Erano probabilmente delimitati da siepi che
li proteggevano dal vento e dalla predazione di animali selvatici e domestici.
Le qualità di cereali coltivati erano soprattutto lo spelta (Triticum
spelta), il farro (Triticum monococcum) e il grano (Triticum
dicoccum), che si adattavano perfettamente ai terreni e alle tecniche utilizzate
a quell'epoca e fornivano rendimenti molto elevati. A differenza delle nostre
qualità ibride attuali, questi tipi di grano non avevano estremo bisogno di
fertilizzanti azotati e la concimazione naturale fatta ogni tre anni dava un
raccolto medio di tre tonnellate per ettaro.
Le leguminose costituivano un' altra importante fonte alimentare e si
coltivavano piselli, lenticchie e soprattutto la fava piccola (Vicia faba
minor), il fagiolo celtico, una pianta che produce semi molto nutrienti e si può
usare anche come foraggio per gli animali. La coltivazione del lino e della
canapa era necessaria per ottenere le fibre destinate alla fabbricazione degli
indumenti, mentre le foglie del guado e il rizoma della robbia venivano
utilizzate per ottenere l'indaco e il rosso per tingere i tessuti. Il vimini, il
giunco e il rogo fornivano la materia prima per la fabbricazione di cesti e
canestri e i Celti furono tra i primi a costruire poltrone e tavolini in vimini.
Gli utensili adatti al lavoro di piccole estensioni come gli orti erano zappe,
vanghe, rastrelli, falci, roncole e altri ancora mentre l'aratro a erpice era lo
strumento principale per la coltivazione di grossi appezzamenti di terreno.
La terra apparteneva alla tribù che ne distribuiva alle singole famiglie delle
porzioni da coltivare, ma in Gallia, prima dell'avvento dei Romani, pare
esistesse già la proprietà privata e che il territorio fosse posseduto dalle
famiglie nobili e dai ricchi cavalieri.